C’è anche Ola (nome di fantasia), 11 anni, fra i 28 minori stranieri non accompagnati che sono sbarcati sabato mattina a Reggio Calabria. È arrivato solo: mamma è papà sono stati uccisi in Libia, durante il suo disperato viaggio della speranza. Sulla nave anche altri adulti vittime di tortura, ora ricoverato per accertamenti.


«Ola è in stato confusionale, è emotivamente molto provato. Dimostra di essere più piccolo di quanto ha dichiarato. Molti minori durante gli sbarchi mostrano i segni delle sofferenze e delle torture subite durante il viaggio attraverso il deserto e la permanenza in Libia», riferisce Giovanni Fortugno, referente ambito immigrazione della Comunità Papa Giovanni XXIII. Adesso Ola è ospitato come in famiglia, in una casa per l’accoglienza dei minori della Comunità.

 

Lo sbarco di sabato è stato definito “Il Primo Sbarco dell’era Salvini”, ma l’Associazione di Don Benzi mette in guardia: «Sabato si è assistito ad una mercificazione delle persone, non solo da parte dei trafficanti, ma anche della politica. Il Governo sa che i flussi migratori non si possono fermare, ma vanno governati», commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che aggiunge: «A Reggio Calabria abbiamo assistito ad una risposta umana, di Chiesa, all’emergenza, che vuole essere un sollecito alla società civile e al terzo settore. Chiediamo al Presidente del Consiglio Conte un tavolo tecnico dove si possa riflettere insieme. I migranti in mare vanno soccorsi ed accolti, il nuovo Ministro dell'Interno ritorni ad un'azione politica congiunta con le altre potenze europee e cerchi il dialogo con la Libia».

 

La Comunità Papa Giovanni XXIII partecipa a Reggio Calabria al Coordinamento Ecclesiale “Emergenza sbarchi” che garantisce il sostegno alla persona nei momenti dello sbarco e nelle strutture di primo soccorso.