Nel processo con rito abbreviato sono imputate 10 persone, tra cui il presunto boss della locale di Pioltello. I pm: «Avevano messo in piedi un feudo indiscusso»
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Condanne che vanno dai 6 ai 14 anni di carcere sono state chieste oggi dalla Procura di Milano nel corso del processo con rito abbreviato nei confronti di 10 imputati tra cui Cosimo Maiolo, il presunto boss della locale di Pioltello, nel Milanese, i suoi tre figli, Salvatore, Antonio e Omar, il fratello di dieci anni più giovane, Damiano, il nipote Giovanni. Le accuse a vario titolo sono associazione per delinquere di stampo mafioso, coercizione elettorale, traffico di droga, tentata estorsione, tentato omicidio e altri reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
A formulare le richieste al gup Anna Calabi sono stati i pm della Dda Paolo Storari e Stefano Ammendola. Tra le pene proposte, già con lo sconto di un terzo per la scelta del rito, oltre ai 14 anni per Cosimo Maiolo, ci sono i 12 anni per il figlio Salvatore e per Damiano, il fratello del presunto capo e per Luca Del Monaco, ritenuto il suo uomo di fiducia, 10 anni per Antonio e Giovanni Maiolo e 6 anni e 2 mila euro di multa per Omar Maiolo.
Le 10 persone processate sono state arrestate lo scorso dicembre nell'ambito di una indagine coordinata dal pm della Dda Paolo Storari e condotta dalla Polizia di Stato. Secondo la ricostruzione, proprio nella cittadina in provincia di Milano le famiglie Maiolo-Manno, imparentate tra loro, avrebbero messo in piedi un “feudo indiscusso” con a capo per l'appunto Cosimo Maiolo, 58 anni, già finito in carcere nello storico blitz 'Crimine-Infinito' del 2010, condannato a oltre 11 anni, con pena scontata e sorveglianza speciale in corso.
L'inchiesta, oltre ad aver inferto un duro colpo a un clan della ‘ndrangheta che avrebbe fornito appoggio a un candidato sindaco, non eletto, del centrodestra a Pioltello, ha messo in luce come l'organizzazione criminale operasse sia nelle forme classiche, per esempio il traffico di droga, armi, richieste di pizzo, intimidazioni e usura, sia con quelle più sofisticate come l'infiltrazione nei business, con la creazione di “serbatoi di manodopera” e gli “affari” sul trasporto salme in piena pandemia, e l'inquinamento delle competizioni elettorali.