VIDEO | Il professionista denunciò l'ingerenza della 'ndrangheta negli appalti pubblici. Dopo 28 anni ancora nessun colpevole per la sua morte. I figli: «La verità non va in prescrizione, vogliamo sapere perchè l'hanno ammazzato e chi è stato»
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La stele con il suo nome è rivolta verso uno dei palazzi di giustizia più importanti della città, la Corte d’Appello, come se fosse un monito alle Istituzioni. Un monito di richiesta di verità, una richiesta che ancora dopo 28 anni è viva non solo tra i familiari, ma nelle coscienze di tutti i reggini onesti. Oggi, proprio nel 28esimo anniversario dalla morte, il comune di Reggio Calabria ha intitolato il “largo”, presente all’interno di piazza Castello, all’ingegnere ed ispettore del lavoro Demetrio Quattrone, vittima innocente della ‘ndrangheta, ucciso nel 1991 a Villa San Giuseppe, a soli 42 anni. Un delitto sul quale non si è mai fatta luce né un processo.
Nell’agguato, compiuto con chiare modalità mafiose, rimase ucciso anche il medico Nicola Soverino. Professionista integerrimo, impegnato sul fronte della sicurezza dei lavoratori, Quattrone analizzò con lungimiranza e denunciò con coraggio le molteplici storture legate al mondo degli appalti e delle costruzioni nella Reggio degli anni ‘80, sostenendo l’esigenza di un’etica pubblica nella pianificazione territoriale e nell’edilizia residenziale. Oggi la città ha onorato la sua memoria, il suo sacrificio di uomo e di padre, di professionista al servizio della sua terra.
I figli: «Cerchiamo ancora verità e giustizia»
Durante la cerimonia di intitolazione è stata la figlia Rosa a prendere la parola e a ricordare la figura del padre. «Mio padre la sera del 28 settembre del 1991 non fu la sola vittima, venne ucciso insieme a lui - ha dichiarato alla nostra testata - perché ritenuto un possibile testimone, il dottore Nicola Soverino, che era un suo amico e quel giorno guidava la macchina. Per noi, parlo anche a nome dei miei fratelli Antonino e Maria Giovanna, è una giornata importante e ringraziamo l'amministrazione comunale per il pensiero che hanno avuto e per la scelta della piazza, di fronte il Tribunale, vicino alle targhe di altre vittime innocenti della 'ndrangheta. Su questi drammatici episodi occorre avere ricordo perchè negli anni spesso abbiamo perso la memoria e quando riaccadono - ha concluso - sembra sempre la prima volta. Noi siamo orgogliosi di lui, siamo orgogliosi della sua integrità, ma ancora attendiamo di sapere chi è stato ad ucciderlo».
Commosso anche il ricordo del figlio Antonino il quale ha proprio rimarcato quest’ultimo aspetto. «La verità non si prescrive - ha dichiarato - noi cercheremo sempre di sapere che cosa ha portato a quel gesto, cosa ha portato a interrompere la vita di due giovani. Queste vite sono state strappate per delle ragioni che, a distanza di 28 anni - ha concluso - ancora non sappiamo».