È stata revocata con decreto della Corte di Appello di Catanzaro - sezione Misure di Prevenzione - la confisca disposta nel febbraio 2018 (all’esito di un antecedente provvedimento di confisca iniziata sin dal 2011) nei confronti dell’imprenditore Salvatore Mazzei, difeso dall’avvocato Massimiliano Carnovale; di Stefania Mazzei, difesa dall’avvocato Tommaso Luppino ed i terzi interessati familiari di Mazzei, difesi dall’avvocato Ugo Custo.

La confisca era stata disposta nell’ambito di un’indagine, avviata nell’anno 2011, inizialmente dalla Procura di Lamezia Terme, successivamente trasferita per competenza territoriale, alla Procura di Catanzaro, volta a ricostruire le origini di un patrimonio asseritamente acquisito in maniera illecita per un valore complessivo pari a 200 milioni di euro (26 società, 67 fabbricati, 13 autocarri, 5 autovetture, 10 macchine operatrici per cantiere, 1 motociclo, 176 appezzamenti di terreno tra cui la cava di materiale inerte).

Con il decreto di revoca la Corte ha ricostruito la vicenda ed evidenziando come con l’assoluzione di Mazzei dal delitto di concorso esterno nell'associazione mafiosa dei Mancuso «non è possibile correlare il giudizio di pericolosità sociale ad altre associazioni criminali locali, poiché anche rispetto a tali associazioni è stata esclusa l'appartenenza di Mazzei e, peraltro, proprio con riferimento «ai lavori di rifacimento-ammodernamento dell'Autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria, tratti ricompresi tra gli svincoli di Mileto e Gioia Tauro».

Pertanto, si legge nel decreto «non trova alcun fondamento la tesi del ruolo sistematicamente assunto da Mazzei non soltanto in relazione allo specifico tratto autostradale in questione appaltato alla Toto Costruzioni ma più in generale in tutti i rapporti di fornitura e subappalto a lui facenti capo nei diversi lotti autostradali». Difatti «Mazzei, sin dall'anno 2003 e fino al 2010, è stato vittima di estorsioni aggravate ex art. 7 Legge n. 203/1991 oggi 416 bis 1 c.p., risultando, invero, quale persona offesa nel procedimento penale "Andromeda" (laddove compare quale vittima di estorsione contestata a Iannazzo Vincenzino dal 2003 al 2007 e dal 2008 al 2009) e nel procedimento "Chimera" (laddove compare quale vittima di estorsione contestata a Cerra Nino, Cerra Pasquale, Cerra Luca e La Rosa Gaetano dal 2008 al 2010).

Tanto dimostra come Mazzei piuttosto che essere un soggetto socialmente pericoloso, fosse semmai, come definito dal Gip di Catanzaro, «un imprenditore debole e pauroso piegato alle logiche territoriali della 'ndrangheta e soprattutto alla famiglia Iannazzo». Del resto, già con il decreto del 07.04.2003 era stata rigettata la proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. La Corte di Appello ha rimarcato e ribadito che «quanto ai prospettati collegamenti tra Mazzei ed il gruppo facente capo alla famiglia Iannazzo, non emerge chiaramente dagli atti il tipo di rapporto che sussisterebbe tra Mazzei ed i Iannazzo» e che «l'affermazione secondo la quale Mazzei risulterebbe essere “vicino” alla famiglia mafiosa dei Mancuso di Limbadi non trova, quindi, elementi di obiettivo riscontro».

Ulteriore conferma della mancanza di elementi indicativi di una pericolosità sociale circoscritta ad un periodo di tempo assai limitato la si aveva già avuto, ricorda la Corte, con il «decreto 5 febbraio/3 marzo 2014 del Tribunale di Catanzaro di revoca della misura della sorveglianza speciale». Tali plurimi elementi hanno consentito alla Corte di escludere che Mazzei Salvatore fosse socialmente pericoloso anche prima dell'anno 2001 e anche dopo l'anno 2003.

Inoltre, la Corte ha precisato che «il reddito fiscale di periodo è improntato a principi di competenza ed è inciso negativamente da costi non monetari, quali gli ammortamenti, a cui non corrisponde una effettiva uscita monetaria e che, ragionevolmente, vanno riconsiderati in aumento del reddito dichiarato. Trattasi, infatti, di costi la cui deduzione è figurativa e non comporta movimentazione finanziaria in diminuzione».

Gli esperti dottori commercialisti Francesco Muraca e Antonio Ruberto, nominati dalla difesa, hanno ricostruito la situazione economico patrimoniale di Salvatore Mazzei e del suo nucleo familiare dal 1980 al 2010 evidenziando i flussi di cassa in entrata e in uscita a giustificazione degli investimenti aziendali e di tutte le acquisizioni patrimoniali personali. Ed allora, sebbene il perito abbia proposto due distinti prospetti fonti, impieghi, la Corte ha sposato la tesi, sostenuta dallo stesso perito della Corte, secondo cui «le quote di ammortamento delle imprese individuali (l'impresa Mazzei Salvatore e l'impresa Mazzei Armando) vadano considerate quali fonti di reddito, trattandosi di costi a cui non corrisponde una effettiva uscita di cassa e che generano, dunque, un flusso di denaro consistente, disponibile per l'imprenditore tanto per l'autofinanziamento dell'impresa, quanto per altre operazioni esterne all'impresa».

Pertanto tenendo conto, quali fonti, delle quote di ammortamento delle imprese individuali (l'impresa Mazzei Salvatore e l'impresa Mazzei Armando), nessuna sproporzione tra fonti ed impieghi è stata ravvisata fino all'anno 2005. Né può dubitarsi della legittima acquisizione della cava in Lamezia Terme - il cui esercizio ha generato risorse che hanno consentito, negli anni e fino al 2005, di far fronte agli investimenti aziendali e a tutte le acquisizioni patrimoniali personali dei Mazzei - poiché trasmessa al Mazzei Salvatore dal padre Armando (deceduto nel 1979) ed esercitata dal Mazzei Salvatore figlio sin dal 1980.