L’assessore regionale alle Politiche sociali: «Un fatto che fa emergere i problemi legati al sottodimensionamento della polizia penitenziaria e le condizioni della popolazione carceraria»
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«È molto grave quanto accaduto ieri sera all'Istituto penale minorile di Catanzaro. La vita degli agenti e dei giovani detenuti presenti nella struttura è stata messa a rischio da chi ha usato il fuoco per inscenare una protesta». Così l'assessore regionale alle Politiche Sociali, Tilde Minasi sull'incendio appiccato dal alcuni detenuti nel carcere minorile di Catanzaro.
«Azione dissennata e certamente da condannare – spiega l’assessore - ma che inevitabilmente fa emergere con forza alcuni aspetti su cui non si può non riflettere: da un lato il sottodimensionamento del corpo di polizia penitenziaria e, dall'altro, il disagio che la popolazione carceraria vive e che, purtroppo, a volte esplode, portando a conseguenze spesso tragiche».
«Innanzitutto voglio esprimere la mia piena solidarietà e vicinanza - aggiunge l'assessore - agli agenti, che ogni giorno svolgono il loro lavoro con dedizione, nonostante condizioni spesso difficili, dovute non solo al fatto che, in sé, il carcere è un luogo difficile, un luogo di dolore, ma anche al fatto che il loro numero non è sufficiente a coprire tutte le esigenze della detenzione. Questo è anzi uno degli aspetti problematici a cui inizialmente accennavo, che nelle cronache viene prepotentemente fuori ogni volta che assistiamo a episodi di questo tipo, ma che gli stessi agenti vivono invece quotidianamente sulla loro pelle e denunciano da tempo».
«La politica non può più rimandare il suo intervento, deve necessariamente e finalmente agire, con nuove assunzioni, nuove strutture e una nuova organizzazione, adeguate a garantire la sicurezza di tutta la comunità che ruota attorno agli Istituti di pena. Poi voglio soffermarmi sul secondo aspetto, quello relativo allo stato di disagio vissuto dai detenuti».
«Il carcere, come da precetto costituzionale - sostiene Minasi - ha una funzione innanzitutto rieducativa, deve consentire il recupero del condannato, perché possa capire di aver sbagliato e avere una seconda possibilità, reintegrandosi in società con una nuova vita in cui, si spera, non commetta più gli errori del passato. A maggior ragione se il carcerato è un giovane».
«Per far questo è necessario avere non solo strutture carcerarie adeguate, ma anche un'offerta di percorsi di formazione, recupero, psicologici idonei, in cui il detenuto sia seguito, accompagnato, supportato dall'ingresso in cella fino alla sua uscita. Non sempre, tuttavia, è purtroppo così ed è su questo che dobbiamo insistere».
«Da quando ricopro il ruolo di assessore regionale alle Politiche Sociali - dice ancora Minasi - tra le esigenze di cui mi occupo con attenzione ci sono quelle della popolazione carceraria. In particolare, poi, se si tratta di minori e giovani adulti, come in questo caso. In proposito, proprio pochi giorni fa avevo incontrato la direttrice del carcere minorile catanzarese, Isabella Mastropasqua, per parlare di una serie di progetti da realizzare nel penitenziario per assicurare la rieducazione dei giovani ospiti, molti dei quali minorenni, e soprattutto dare loro delle aspettative per il futuro».
«Hanno commesso errori proprio mentre si affacciavano alla vita e ora li stanno pagando. Devono però avere l'opportunità non solo di rimediare, ma anche di poter sperare in un futuro diverso, che li attenda oltre le sbarre. E, con questa prospettiva, di poter vivere meglio, per quanto possibile, la restrizione della libertà a cui sono sottoposti. Proseguiremo su questa strada, sapendo che nulla è semplice, ma sicuramente possibile, e con la convinzione di potercela fare. Anche per evitare che fatti del genere debbano ripetersi».