Un copione già visto, che si ripropone ogni volta con le stesse dinamiche, e che ogni volta lascia sul terreno cicatrici profonde fatte di vite perdute, case distrutte, ettari di terra devastata. Un copione che vede multipli roghi partire quasi contemporaneamente a distanza di chilometri l’uno da l’altro, sempre nelle giornate più calde. Un copione che, la settimana scorsa, ha visto bruciare buona parte delle stesse colline che erano andate a fuoco nell’estate del 2021, prima che i piromani si concentrassero sui terreni del parco nazionale d’Aspromonte: in quella occasione furono oltre 7mila gli ettari di boschi antichissimi andati perduti per sempre.

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Ma se si escludono le aree protette che ricadono all’interno dei confini del Parco (che, almeno finora, sono state toccate solo marginalmente dalle fiamme nel territorio di San Luca, tra la cima di Montalto e il santuario di Polsi), confrontando la mappa degli incendi del 2021 con quella degli ultimi 30 giorni, salta immediatamente all’occhio che molte delle zone colpite dai fuochi di due anni fa siano quasi sovrapponibili a quelli della settimana scorsa. Come due anni fa le fiamme hanno colpito la cintura collinare e premontana della città dello Stretto. Come due anni fa il fuoco si è abbattuto sulla fascia jonica dell’area grecanica e della Locride e su quella tirrenica della costa Viola. E proprio come due anni fa, la contemporaneità degli incendi in zone diverse della provincia, ha reso difficilissime le operazioni di spegnimento.

Motta, Roccaforte, Melito. E poi le colline nella prima periferia di Reggio e fino a Villa. E di nuovo Capo d’Armi, Bagaladi e Africo prima di Mosorrofa, Cardeto, Bianco e Roccella e Palmi e Rosarno. Un walzer di fiamme che ha impegnato sul campo decine di squadre antincendio tra vigili del fuoco, Calabria Verde e Protezione Civile (oltre a decine di semplici cittadini) all’opera per giorni e dispiegati, per fare fronte ai numerosi roghi che imperversavano contemporaneamente su un fronte enorme, su buona parte del territorio della provincia, spesso alla prese con incendi che presentavano fiamme alte anche 30 metri.

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Una tempesta perfetta che lo scorso 25 luglio – il giorno in cui, in una frazione isolata del comune di Cardeto, proprio come era successo due anni fa, ha perso la vita un anziano ucciso dalle fiamme – ha dovuto fare i conti anche con la temporanea inattività di parte della flottiglia aerea di elicotteri e canadair, bloccati in aeroporto e impossibilitati a ripartire a causa delle altissime temperature registrate sulla pista di Lamezia. Un blocco confermato dallo stesso Ministro Musumeci un paio di giorni fa. Fermi dalle 13 alle 16.30 i quattro elicotteri gestiti da Calabria Verde; fermi dalle 13 alle 14.30, per il cambio equipaggio e le operazioni di controllo operativo del mezzo, anche i quattro canadair che fanno base a Lamezia. Un buco di una manciata di ore dettato dalle condizioni proibitive di quei giorni e che ha inevitabilmente complicato le operazioni di spegnimento.

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Speculatori alla ricerca di nuovi affari, incoscienti che appiccano il fuoco per fare pulizia delle sterpaglie, piromani, pastori alla ricerca di nuovi pascoli (nei boschi attorno alla diga del Menta non è difficile incontrare in questi giorni mandrie di mucche che pasteggiano nel sottobosco che prova a farsi strada tra le macerie del 2021): sono tanti gli interessi che gravitano attorno agli incendi. Interessi che difficilmente possono essere tenuti a bada solo con un piccolo esercito di droni.