Il famoso tesoro di “Talarico” mette la parola fine alla famosa diatriba sulla caccia ai reperti preziosi del re visigoto che ancora stuzzicano la fantasia di amministratori e archeologi. Tutto sbagliato. Non di Alarico si trattava bensì di Talarico. Ce lo dice chiaramente il manifesto pubblicitario, parte della maxi campagna turistica di promozione della Regione, che su un panel indica con orgoglio i “cento marcatori identitari” cioè i nostri fiori all’occhiello, per dirla in altri termini.

E tra questi spicca proprio questo, il “Tesoro di Talarico” che riscrive mezza storia perché, essendo un cognome molto diffuso anche nella zona catanzarese, andrebbe a spostare tutta la ricerca degli scrigni ricolmi d’oro, da Cosenza al capoluogo di regione, con tutti gli annessi e connessi che ne deriveranno (e relativi sfottò tra tifoserie).

La maledizione del re colpisce ancora

Questa storia di Alarico non porta molta fortuna agli amministratori, è una sorta di maledizione tipo “il teschio di cristallo” o i “tredici a tavola”. Solo qualche anno fa, alla Bit di Milano, l’amministrazione comunale di Cosenza ebbe la brillante idea di pubblicizzare la storia del mistero alariciano associandola, con tanto di foto seppiata, ad Himmler, proprio lui, l capo delle Waffen SS naziste, lo psicopatico organizzatore dello sterminio della popolazione ebraica. Dopo la slavina di polemiche che lo travolse, il sindaco Occhiuto ammise l’errore e mandò in ristampa la brochure dando la colpa al grafico.

Oggi il sanguinario sovrano ha colpito ancora e, all’indomani della presentazione di un progetto che ne contiene altri cento, i social sono in fermento («è il nostro tallone da "killer"» commenta qualcuno) e pieni di foto che ritraggono il manifesto con, cerchiata in rosso, la gustosa gaffe che fa il paio con quella romana sul povero Carlo “Azelio” Ciampi, la cui targa senza la G ha fatto saltare di tutta fretta la cerimonia di inaugurazione (il fatto che hanno sbagliato di nuovo nell'indicazione degli anni della presidenza è puro accanimento).

Il mistero del Cavallo di Troia (che forse non esiste)

Inoltre, nella lista dei Fab100, spicca anche il Cavallo di Troia che secondo alcune fonti storiche sarebbe stato assemblato in Calabria, secondo altre non sarebbe stato neanche un cavallo, e secondo altre ancora sarebbe pura invenzione. Nel dubbio ce lo abbiamo messo. Se Dante avesse sbagliato strada nel mezzo del cammin di sua vita e si fosse fermato a tossire a Reggio Calabria ci sarebbe stato pure lui. Mai dire mai.

Insomma, abbiamo due notizie: a Catanzaro, al grido di "ce l'abbiamo solo noi", sono già cominciati gli scavi sotto il ponte Bisantis per cercare il tesoro di Talarico, con buona pace dell’Hotel Jolly di Cosenza abbattuto per far posto a un museo dedicato al re defunto che, probabilmente, sarà riconvertito in una tavola calda. 

Seconda notizia: se la sfida era quella di competere «a livello glocale» con i nostri cento marcatori, la sfida dei meme su facebook l’abbiamo vinta a mani basse.