Mezz’ora. Appena una manciata di minuti hanno separato la vergogna di oggi dalla tragedia che si sarebbe potuta consumare ieri. Trenta minuti prima del crollo, infatti, il tratto di strada che comprende il ponte venuto giù sulla statale 177 Sila-Mare, inaugurato meno di 10 anni fa, era stato chiuso alla circolazione per un cedimento che nulla aveva a che fare con il viadotto che da lì a poco si sarebbe sbriciolato.

Il crollo di un muro di contenimento a circa 500 metri dal ponte, ha determinato l’inibizione al traffico della strada decisa dall’Anas. Ma se quel muro e il terrapieno che sosteneva non fossero franati 30 minuti prima, la strada sarebbe rimasta aperta e il ponte avrebbe incassato il suo tributo di sangue. La chiusura tanto fortuita quanto tempestiva della strada ha evitato i morti ma non cancella il rossore sconcertato per una Calabria che cade a pezzi ed è stata immortalata in un video già virale che riprende gli attimi del collasso strutturale, ennesimo biglietto da visita di una regione tarlata da una classe dirigente che continua a divorare lentamente presente e futuro.

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La Sila-Mare, che collega il centro silano Longobucco con la costa Jonica, è una striscia d’asfalto in costruzione da 30 anni, mai finita e consegnata alla collettività a spizzichi e bocconi, come la famigerata Trasversale delle Serre, anch’essa progettata con la banale ambizione di collegare la montagna al mare e in perenne costruzione da tempo immemorabile.

La Sila-Mare sulla carta è lunga circa 40 chilometri, ma in tre decenni ha drenato già 80 milioni di euro senza arrivare mai alla sua conclusione. Neppure il tracciato definitivo è ancora certo, perché ancora si discute se debba terminare in un comune piuttosto che in un altro.

Intanto, mentre si parla, si spreca e si attende, la Sila-Mare si frantuma, frana, crolla. L’indignazione di facciata della politica, quella sempre in prima fila quando c’è da raccogliere i cocci e imputarli ad altri, è già a livelli altissimi: “Che scandalo, che schifo, faremo, diremo… ma, sia chiaro, non siamo stati noi”.

E invece no, siete stati proprio voi, i vostri partiti, le vostre consorterie, le vostre promesse con cui avete lastricato il presente dei calabresi che è il futuro tradito di ieri. Ora sono venuti anche dal Nord a promettere altri ponti di chiacchiere, più lunghi e fantasmagorici, mentre quelli ben più modesti su cui ogni giorno passiamo per andare al lavoro e portare i figli a scuola vengono giù rosicchiati da qualche ora di pioggia e da decenni di strafottenza.