La cosca Zoffreo-Mannolo di San Leonardo di Cutro, colpita oggi dall'operazione Jonica della Dda di Catanzaro, era arrivata anche a chiedere il pizzo ai condomini di uno stabile a Cutro. Dal 2003 al 2018, secondo quanto emerge dalle indagini della Guardia di finanza di Crotone, coordinate dai pm Domenico Guarascio e Paolo Sirleo, Antonio Mannolo aveva costretto i titolari delle proprietà immobiliari a consegnare direttamente, una cifra in contanti, non inferiore a 300 euro da ciascun condomino ottenendo, dunque, un introito estorsivo non inferiore ai 10mila euro all'anno, per un importo complessivo di 150mila euro.

Il boss Alfonso Mannolo (foto in basso), secondo le indagini, avrebbe usufruito di un immobile, dove si recava «per incontrare alcune amanti», senza pagare neanche le utenze elettriche ed idriche o qualsivoglia tassazione o spesa.

L’estorsione sarebbe andata avanti dal 2015 al 2019. La vittima è stata sentita dagli inquirenti è ha raccontato «di aver più volte cercato di persuadere bonariamente a regolarizzare la situazione, quantomeno accollandosi le spese delle utenze ma il Mannolo aveva sempre tergiversato, fino a quando, nell'estate del 2018, l'uomo, oramai esasperato, quando il Mannolo si era nuovamente presentato pretendendo la consegna delle chiavi, gli aveva risposto che non intendeva più sottostare alle sue pretese». Una risposta che il capo cosca non accettò facendo leva sulla sua notoria fama mafiosa («tu lo sai con chi stai parlando»), peraltro perfettamente nota all'interlocutore, dicendo che avrebbe ucciso lui e tutta la sua famiglia: «bastardo e cornuto ...come ti permetti a parlarmi cosi? tu lo sai con chi stai parlando? io ti faccio ammazzare a te e tutta la famiglia tua».

L'accaduto aveva gettato la vittima in uno stato «di prostrazione, temendo fortemente per la sua incolumità, fino a quando, dopo alcune settimane, il Mannolo si era di nuovo presentato e, come se nulla fosse successo, aveva richiesto ed ottenuto le chiavi dell'appartamento».

Da quel momento l'uomo «non aveva avuto più il coraggio di opporre rimostranze di sorta al Mannolo che, fino al suo arresto, aveva continuato ad utilizzare a suo piacimento l'appartamento senza alcun corrispettivo».

La testimonianza del proprietario dell'appartamento

«Io sono proprietario di un immobile sito in via Trieste di Botricello. Con tale immobile ho avuto una serie di problemi che mi hanno cagionato anche un forte disagio psichico oltre che economico. Vi spiego tutto dall’inizio. Ho acquistato l’appartamento agli inizi degli anni duemila. Era un rudere e piano piano l’ho ristrutturato. I lavori sono stati completati tra il 2006 ed il 2007, non ricordo con esattezza. La mia intenzione era quella di fittarlo per ricavare reddito aggiuntivo. Sebbene la ristrutturazione era stata completata mancavano alcuni complementi di arredo e piccoli lavori di impiantistica che ho completato negli anni successivi. Speravo di affittarlo ma purtroppo è accaduto un avvenimento che mi ha impedito di farlo nonostante fosse necessario avendo figli all’università».

«Intorno all’anno 2015 vengo contatto telefonicamente da un mio conoscente, il signor A. G. che ha una macelleria nelle vicinanze dell’appartamento. Era a conoscenza del fatto che il mio appartamento era in fitto o meglio che volevo affittarlo. Mi invita a raggiungerlo spiegandomi che una ragazza era intenzionata ad affittare l’immobile. Riferì che l’appartamento era libero e pertanto fissammo un appuntamento di fronte all’immobile. Arrivai lì e trovai effettivamente una ragazza di origini dell’est Europa in compagnia di un’altra persona che riconobbi immediatamente essere Mannolo Alfonso».

«Stupito dalla presenza di quest’ultimo rimasi perplesso. Iniziò a parlare il signor Alfonso, il quale mi chiese se lo avevo riconosciuto. Naturalmente risposi di sì. Senza indugio mi disse che l’appartamento serviva alla ragazza in sua compagnia che definiva sua amica. Mi spiegò anche che la ragazza doveva lavorare presso un bar di Botricello. Per tale ragione mi chiese se potevo fittarle l’appartamento. Concordammo verbalmente un prezzo di 150,00 euro mensili che da quanto compresi avrebbe dovuto pagare la ragazza in quanto occupante dell’immobile. Stabilimmo di incontrarci per definire il contratto di fitto».

«Detto ciò, io non vidi mai un euro. A distanza di quindici giorni la ragazza ritornò da me e mi riconsegnò le chiavi giustificandosi che non poteva mantenere l'appartamento in quanto non aveva trovato lavoro. Trascorsa una settimana circa da tale evento, si presentò al mio cospetto Mannolo Alfonso, il quale mi chiese nuovamente la disponibilità dell’appartamento. Mi disse che gli serviva in quanto doveva incontrare una donna e voleva rimanere in intimità. Cercai di dissuaderlo. Gli dissi che l’appartamento lo stavo per fittare e che avendo speso dei soldi intendevo metterlo a reddito. Si risenti palesemente. Già in quel primo incontro mi fece capire che non accettava rifiuto. In quella occasione non mi minacciò in modo esplicito ma fu perentorio sul fatto che gli avrei dovuto dare l'appartamento. La frase che usò fu “ma tu lo sai chi sono io?”».

«Sperando di risolvere il problema, più che altro nella convinzione che la richiesta fosse estemporanea, acconsentii a dargli le chiavi dell’appartamento. Da quel momento iniziò un vero e proprio calvario. Mi riportò le chiavi e mi disse che in futuro gli sarebbe servito nuovamente e glielo avrei dovuto dare. Ribadisco che utilizzò il verbo “dovere”».

«In sostanza mi fece intendere che non avevo scelta e avrei dovuto consegnare le chiavi ogni qualvolta gli sarebbero servite. Compresi subito di essermi messo in una situazione da incubo. Infatti, da quel momento in poi Mannolo Alfonso mi chiese l’appartamento innumerevoli volte. In alcune circostanze si tenne le chiavi intere settimane. Parlai di questa situazione in famiglia in particolare con mia moglie, la quale mi chiese di risolvere il problema ed affrontare il Mannolo».

«Premetto che oltre a non corrispondere un euro di affitto per un appartamento che ormai il Mannolo riteneva suo pretendeva anche che io lo mantenessi in perfette condizioni d’uso. Qualunque rottura o problema gestionale era a mio carico. Provato da questa situazione decisi di affrontare il Mannolo. Dapprima lo feci con toni pacati. Volevo risolvere questa situazione e farmi ridare in via definitiva le chiavi dell’appartamento».

«Proposi al Mannolo di regolarizzare la situazione con un contratto ed un fitto. Mi resi anche disponibile ad accettare quale controprestazione economica la sola voltura delle utenze, senza pretendere il canone di fitto mensile. In pratica gli proposi di pagare i costi e basta. Per costi intendo utenze ed imposte. Era una doppia beffa, non solo non prendevo l’affitto ma sopportavo tutti i costi di gestione. Lui temporeggiava. Mi diceva che stava cercando un’altra casa più comoda ma in realtà questa situazione è andata avanti almeno per cinque anni. Certamente fino a quando non è stato arrestato».

«Questa situazione mi aveva portato all’esaurimento così mi presi coraggio anche sotto le pressanti richieste di mia moglie ed affrontai il Mannolo con toni più decisi. La circostanza è avvenuta l’estate dell’anno 2018. Ero al negozio e si presentò il Mannolo. Come sempre per attirare la mia attenzione mi suonò insistentemente. Uscii deciso a risolvere il problema. Mi chiese le chiavi esattamente come mi aspettavo. Questa volta gli risposi in male modo. Gli dissi esplicitamente “ma voi come cazzo lo vedete il mondo? Posso stare in questa situazione? Quanto può durare questa situazione? Io non posso pagare anche le bollette per voi”. Mannolo cambiò espressione. Rimase in macchina e mi rispose con delle frasi che ancora ricordo con esattezza: “Bastardo e cornuto ...come cazzo ti permetti a parlarmi così? Tu lo sai con chi stai parlando? Io ti faccio ammazzare a te e tutta la famiglia tua”. Mi sono sentito gelare il sangue. Quella frase mi ha paralizzato sul momento. Io sebbene spaventato a caldo ho cercato di ribattere. Mannolo mi parlava sopra. Dopo alcune frasi che non ricordo con esattezza ma il cui tenore era simile alle precedenti, Mannolo mise in moto e andò via. Quel giorno compresi che non avevo alcuna via di uscita, anche perché a caldo, nel momento della discussione io riposi, ma dopo le sue parole mi tornarono in mente».

«Fui spaventato e nei giorni successivi fu peggio in quanto lui non si fece vedere. Ero convinto che si fosse offeso e pertanto spaventato da quelle che potevano essere le sue reazioni. Mi ero arreso alla situazione e dentro di me avevo deciso che nel caso si fosse ripresentato gli avrei dato le chiavi e basta. Volevo dimenticare questa situazione, come se l’appartamento non era più mio. Ne parlai anche con mia moglie, la quale era altrettanto spaventata. Ci eravamo rassegnati. Aspettavamo che morisse o qualche altro evento».

«Dopo qualche settimana il Mannolo tornò. Fui quasi sollevato nel vederlo. Pensate in che situazione psicologica mi trovavo. Era calmo e mi disse con tono fermo e deciso che non mi sarei più dovuto permettere di rivolgermi a lui in quel modo. Rimasi in silenzio. Quando mi chiese le chiavi gliele diedi e da quel momento in poi non volli più interessarmi a questa situazione. Figuratevi che un giorno, poco prima del suo arresto, venne da me per dirmi che qualcuno era entrato nell’appartamento. Era diventato paranoico. Mi chiese se ero entrato io nell’appartamento. Era preoccupato dal fatto che qualcuno era entrato nell’appartamento. Io risposi di no e non volendo avere alcun tipo di problema gli dissi addirittura di cambiare le chiavi dell’appartamento se era preoccupato. Io ero ormai avvilito».

«Dopo l’episodio che vi ho raccontato io mi ero rassegnato. Mi aveva terrorizzato. Ero destabilizzato a livello psicologico. Il mio scopo era non avere alcun tipo di rapporto con lui. Quando fu arrestato mi sentii liberato. Per me è stata la fine di un incubo».