VIDEO | Ala, Sadi, Benjamin, Michel. Abbiamo incontrato quattro ragazzi che studiano nel campus di Arcavacata e rimangono per le feste. Come loro, la gran parte degli stranieri dell'Università della Calabria
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Ala, occhi scuri e profondi, si trova all’Unical per studiare Ingegneria informatica e qui è rimasta, anche in piena pandemia. Quest’anno il Natale lo fa qui, non tornerà in Egitto. Pur musulmana – anche quando la incontriamo indossa lo Hijab – il Natale lo ha sempre festeggiato in famiglia: «Mia madre ha sempre fatto l’albero, è una festa sentita anche se non siamo cristiani. Anche io nel mio alloggio ho fatto un alberello». Ala non è l’unica studentessa internazionale a passare le feste qui. Nel campus di Arcavacata ci sono più di trecento studenti da tutte le parti del mondo, quasi tutti ancora qui. Anche a Natale.
Una piccola comunità nel campus
La mensa sarà sempre in funzione, anche nei giorni rossi, almeno a pranzo. Per cui il pranzo natalizio è garantito. In cucina si prepara un menù internazionale, adatto un po’ a tutti sicuramente, però, la pasta al forno non mancherà.
Ecuador, Paraguay, Messico, Egitto, Cina. Arrivano da tutte le parti del mondo. Michel è egiziano, studia scienze turistiche, ma per lui non è la prima volta che non torna a casa per le festività. «Quest’anno a maggior ragione ho preferito di non tornare: credo sia meglio per tutti, con questa pandemia non si sa mai cosa può succedere. Il Natale lo festeggio con gli altri studenti stranieri che rimangono qui».
Alla fine tra gli studenti stranieri si crea una piccola comunità. Non tutti vivono negli stessi alloggi, anzi sono piuttosto dislocati nelle diverse residenze nel campus. Una scelta anche per meglio integrarli con gli altri studenti italiani, la cosa che a loro interessa di più. Però ora che il campus è per lo più vuoto e loro sono gli unici a vivere nel campus, passeggiare tra i cubi, usufruire della mensa, si cerca di studiare insieme, ritrovarsi almeno qualche sera. Ed a Natale, in piccoli gruppi, ci si ritroverà in compagnia.
La pandemia ha scombinato i piani
Sadi è paraguaiana, è il terzo anno che studia Dams all’Unical. In questi tre anni non ha mai lasciato il suo alloggio dei Martensson. «Sarei dovuta tornare a casa questa estate o adesso, per le feste. Ormai non lo so più quando vado, probabilmente a luglio». La pandemia ha scombinato tutti i suoi piani, in tutti i sensi. «Lo scopo di studiare all’estero è quello di confrontarsi con gli altri studenti del posto, imparare la lingua, capirne la cultura e le abitudini. Ma in questo ultimo anno non abbiamo fatto altro che seguire lezioni online e stare chiusi in casa: è stato un anno difficile, un anno in parte perso. Peccato.»
Benjamin, arriva dall’Ecuador, e anche lui un po’ per i costi, un po’ per la pandemia ha scelto di non tornare a casa: «sono in Italia da un anno, ho iniziato un dottorato in elettronica, ma quest’anno la tradizione di cenare con la mia famiglia il giorno di Natale, purtroppo, non ci sarà».