Ricordate il sedicenne di Castrolibero che il 4 ottobre del 2021, all’uscita di scuola, rifila un terrificante pugno in faccia a un altro studente di due anni più giovane, spedendolo dritto in ospedale? Poche ore dopo, da picchiatore reo confesso si reca dai carabinieri in compagnia dei suoi genitori, gli stessi che nei giorni successivi, d’accordo con lui, invocano un percorso rieducativo capace di offrirgli un’occasione di riscatto.

Bene, anzi malissimo. Perché più di un anno dopo quel grido d’aiuto è rimasto inascoltato.

Eppure i giudici…

Nulla è stato fatto per quel ragazzo, nonostante un Tribunale abbia ordinato ai servizi sociali di trovare una struttura adatta ad accoglierlo, anche fuori dalla Calabria, per sottrarlo così a una situazione ambientale difficile, che rischia di penalizzarlo nelle fasi della sua crescita. Il provvedimento risale a giugno del 2022, seguito da un nuovo sollecito a fine novembre, ma chi doveva provvedere non l’ha fatto.

Morale della favola: il sedicenne è ancora lì, in balia degli eventi e un po’ di sé stesso. La sua storia getta più di un’ombra sullo stato di salute della giustizia minorile in Calabria. Una macchina che a volte funziona solo a metà, con provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie ai quali non sempre si dà esecuzione.

Le cattive amicizie

All’epoca il caso cattura l’interesse dei media nazionali anche in virtù della decisione, presa dalla mamma della vittima, di pubblicare sui social network le foto del figlio con il volto tumefatto dopo il violento pestaggio. Al profilo penale della vicenda si affianca fin da subito quello amministrativo, con i genitori del reo confesso che chiedono a pm e Tribunale dei minori di individuare una misura di rieducazione adatta per il loro figliolo.

Fin da piccolo ha mostrato un carattere esuberante e aggressivo, con comportamenti sopra le righe che il rigore imposto dai familiari non è riuscito a mitigare. A ciò, si è aggiunta nel tempo anche qualche cattiva amicizia che ha finito per peggiorare la situazione. Non a caso, anche se lui sostiene di aver fatto tutto da solo, le indagini dei carabinieri lo inquadrano come esecutore materiale di quel pestaggio che avrebbe un mandante diverso: il figlio di un boss cosentino, anche lui minorenne.  

Burocrazia matrigna

In prima battuta i giudici di Catanzaro decretano il suo affidamento ai servizi sociali, ma la misura è ritenuta inadeguata sia dai genitori che dal diretto interessato. Tutti e tre, infatti, concordano sull’opportunità di cambiare aria, alla ricerca di una chance di recupero lontano dalla Calabria, in un centro specializzato nel recupero di ragazzini problematici. La Corte d’appello opta proprio per questa soluzione e a giugno del 2022, dà mandato ai servizi sociali di trovare una struttura adatta alla bisogna.  Diversi centri specializzati, in Puglia come in Toscana, si offrono di accoglierlo, ma proprio sul più bello la macchina s’inceppa.

Dubbi esistenziali sulle rette mensili – chi le paga? – nuclei di valutazione da interpellare e altre pastoie burocratiche all’origine del blocco. Oltre ovviamente a una buona dose di superficialità. Il risultato è che, su input della famiglia, lo scorso novembre la Corte d’appello sollecita i servizi sociali a dare esecuzione all’ordinanza emessa a giugno. Da allora è trascorso un altro mese e nessuno ha ancora provveduto in tal senso.

E i genitori vanno in Procura

L’impasse ha esasperato anche i genitori del ragazzo che, dopo aver presentato una serie di diffide, cadute tutte nel vuoto, sono passati alle denunce, presentandone una in Procura per omissione di atti d’ufficio. In futuro, dunque, la vicenda potrebbe riservare anche code penali.

Nel frattempo, però, resta vivo il problema del ragazzino che, va da sé, da quando si è reso protagonista in negativo di quell’aggressione brutale è marcato stretto dalle forze dell’ordine. Frequenti sono da allora le sue convocazioni in questura, l’ultima delle quali pochi giorni fa per una presunta resistenza a pubblico ufficiale. Con lui si è perso del tempo, forse troppo. E mai come in questo caso il tempo è tiranno: a luglio del 2023 diventerà maggiorenne. All’apparato della giustizia minorile calabrese restano ancora sette mesi di tempo per aiutare lui a crescere. E a sé stessa per salvare la faccia.