«Mi si stringe il cuore e mi si chiudono gli occhi davanti al mare, se penso che potrebbe restituirci ancora dei corpi, oltre gli ottantanove della terribile ecatombe che ha portato sotto i riflettori internazionali la piccola frazione di Steccato di Cutro, poche centinaia di abitanti». Antonio Ceraso, sindaco di Cutro, si prende una pausa prima di continuare. È passato quasi un mese da quella notte che ha segnato profondamente tutti: chi c’era e chi non c’era.

Nel pomeriggio di sabato 25 inaugurerà una lapide in marmo in un piazzale interno, poco distante da quella spiaggia e da quel mare dove già compare, su Google Maps, la geolocalizzazione “Secca dei migranti”. Subito dopo il maestro Veronesi dirigerà il “concerto solenne del ricordo”; in programma “Crisantemi”, elegia di Puccini per quartetto d’archi scritta appena saputo della scomparsa dell’amico Amedeo di Savoia, duca d’Aosta, e “Stabat Mater” di Pergolesi, una delle pagine più sublimi di tutta la storia della musica sacra, che si narra essere stato completato dal compositore barocco come ultima opera, quasi presagio della morte che lo colse a soli ventisei anni.

Musica di memoria, musica di commiato. Sulla spiaggia della tragedia, per ora, lacrime e silenzio. In attesa che si riaccendano i riflettori della memoria anche sul progetto del monumento simbolo dell’accoglienza e del cordoglio lanciato a inizio marzo dal nostro gruppo – Pubbliemme-Diemmecom-viaCondotti21 e il Network LaC.

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I riflettori, già. Quelli che non vanno spenti, mai. Il sindaco eletto a fine novembre con la lista “Gente di Cutro” conosce bene la potenza dei riflettori. Soprattutto quando si spengono. Ha alzato subito il livello della discussione, preoccupato del fatto che il gioco allo scaricabarile delle responsabilità – nazionali, locali, europee – coprisse tutto il resto. Lo ha fatto da subito, nella speranza che quelle troppe vittime non venissero dimenticate.

Antonio Ceraso, sindaco di Cutro

«Non dimenticherò mai quei corpi» ripete da allora. «E farò di tutto perché non vengano dimenticati, per fare memoria». Fare memoria, l’altro tema legato a doppio filo con quello dei riflettori. Non dimenticare è un orizzonte, ma anche una necessità.

«Il Comune di Cutro è legato all’agricoltura e al mare» mi dice. Poi un’altra pausa. Quel silenzio di chi sa che non esistono parole per esprimere quello che si prova a cercare di restituire un’umanità a donne e bambini morti a cento metri dalla costa del suo mare. «Una strage. Con quale coraggio ci immergeremo ancora? Ora capisco i migranti che le raccontavano di non riuscire a fare il bagno, perché guardano il mare e vedono un cimitero».  

Davanti a quelle secca, su quella spiaggia, è indispensabile lasciare un segno concreto, definitivo: insieme alla raccolta di adesioni noi del gruppo Pubbliemme-Diemmecom-viaCondotti21 e il Network LaC abbiamo avviato un rapporto diretto con il Comune, che deve formalizzare la disponibilità del sedime e verificare quale tipo di struttura può essere accolta sulla spiaggia. Spiega il sindaco: «Non possiamo che essere grati a chi come voi si sono subito messi a disposizione per unire le forze e costruire qualcosa di congiunto, nell’idea e nell’orizzonte prima ancora che nella realizzazione. È facile strumentalizzare le tragedie. È facile accendere e spegnere i riflettori a piacimento. L’idea di un monumento cui partecipiamo tutti – istituzioni, cittadini, artisti, imprese, associazioni – è esattamente ciò che serve per scrivere il futuro della nostra Cutro». La memoria è un’addizione di emozioni, sentimenti, persone. È il luogo in cui tanti singoli io diventano noi, per costruire insieme qualcosa di nuovo. Per non ripetere errori assoluti. Per fare in modo che quelle vittime – le 89 restituite dal mare, e le centinaia e centinaia che il mare nostrum custodisce da decenni – non siano morte invano.