Davanti al pronto soccorso dell’Annunziata si consuma la notte più lunga e più buia di questa terza ondata di contagi da coronavirus. La pandemia si sta abbattendo con violenza e drammaticità su tutta la provincia di Cosenza.

Ambulanze in coda

Il momento critico è sottolineato dal via vai delle ambulanze. La lunga fila di ieri pomeriggio è stata smaltita dopo molte ore ma solo parzialmente: alle ore 22 i mezzi di soccorso in attesa erano ancora quattro con a bordo pazienti sospetti Covid o Covid conclamati in attesa di poter accedere al Dipartimento di Emergenza e Accettazione del presidio ospedaliero. Contestualmente la navetta messa a disposizione dall’Asp per condurre i malati ad effettuare la tac ai polmoni, collocata dalla parte opposta della struttura, ha proseguito nei suoi brevi e continui spostamenti ben oltre la mezzanotte.

Escalation delle vittime

Non è chiaro quante siano le persone sistemate nell’area del pre-triage in attesa di un posto letto in reparto. Dalle testimonianze raccolte attraverso alcuni loro familiari sarebbero almeno 26. Ma oltre al numero degli accessi in ospedale, ad impressionare è soprattutto l’escalation delle vittime: nei primi cinque giorni di aprile si sono contati nel cosentino 23 morti. Nel corso dell’intero periodo della prima ondata, tra i mesi di marzo e giugno, si erano contati nel complesso 34 decessi.

Gravità non percepita

Davanti al nosocomio bruzio la sensazione è di sgomento e smarrimento. La stanchezza di medici ed infermieri si tocca con mano, mentre tutto intorno si avverte una netta distorsione della realtà. Fuori dalle pareti ospedaliere non si percepisce la gravità della situazione.

L’anonimato dei numeri

L’Asp di Cosenza ha da tempo iniziato ad omettere dal bollettino quotidiano, alcuni dati relativi ai decessi, perché ritenuti sensibili: l’età delle vittime, il reparto in cui erano ricoverate, il luogo di residenza o provenienza. Le persone che perdono la vita sono diventate numeri. Numeri freddi, anonimi, a cui la comunità ha iniziato ad assuefarsi.

Neanche il tempo di un saluto

Ma dietro quei numeri ci sono esseri umani, famiglie, amici, storie drammatiche e non a lieto fine. C’è il dolore di chi ha salutato un proprio caro, un congiunto, all’ingresso di un’ambulanza perdendone le tracce fino a ricevere la più temuta e terribile delle telefonate. Ci sono mariti, mogli, madri e padri, fratelli e sorelle, figli in mesto pellegrinaggio verso l’obitorio dove le stringenti regole della pandemia non concedono neppure una carezza di saluto ma solo un corpo adagiato in un sacco nero, simile a quelli della spazzatura, peraltro già chiuso nella bara.

Focolai fuori controllo

Moltissimi i pazienti Covid originari dei centri della fascia jonica. Hanno riempito gli ospedali di tutta la Calabria. Solo la città di Corigliano-Rossano, i dati sono aggiornati alle 13 di ieri, annovera 48 ricoverati in area medica e cinque in terapia intensiva. 62 i decessi complessivi. Il doppio di quelli registrati dall’inizio della pandemia nella città capoluogo. Altri sette ricoverati, di cui uno in rianimazione, arrivano da Crosia. Quattro da Trebisacce, altrettanti da Cariati. Segno che la diffusione dei contagi in tutta la zona è fuori controllo.

Politica parolaia e inconcludente

La politica è la grande assente di questo dramma. Dall’inizio dell’emergenza è passato un anno. Non un giorno, non un mese, ma un anno. E siamo ancora a sentire chiacchiere sulla necessità di riaprire strutture chiuse da tempo, sulle procedure da avviare per reclutare medici e personale infermieristico, sul bisogna fare questo e bisogna fare quell’altro. Al dipartimento di prevenzione dell'Asp di Cosenza continuano a caricare a mano i referti dei laboratori aspettando ancora un sistema informatico decente da utilizzare. Siamo stufi di sentire parole sul cosa bisogna fare. E allora, di grazia, si faccia. E senza perdere altro tempo.