Un «comitato d’affari». Così la Guardia di finanza di Catanzaro definisce il sistema che si sarebbe incardinato «attorno alla nevralgica figura del dirigente Domenico Maria Pallaria». L’informativa che le Fiamme gialle presentano nel 2024 alla Procura della Repubblica di Catanzaro si concentra su vicende accadute nella scorsa legislatura regionale e rappresenta solo una parte di una corposa indagine sfociata, a febbraio scorso, in una chiusura indagini che vede indagate 31 persone, tra le quali, l’ex governatore Mario Oliverio, Luigi Incarnato (in qualità, all’epoca, di commissario liquidatore della Sorical), Ercole D’Alessandro, ex finanziere di Catanzaro già finito nelle maglie dell’inchiesta denominata Basso Profilo, Alfonso Dattolo, sindaco di Rocca di Neto ed ex consigliere regionale. Sono 47, in tutto, i capi d’accusa contestati che vanno, a vario titolo, dalla corruzione, al falso, peculato, truffa, concussione, accesso abusivo a un sistema informatico.

La Gdf: «Gestione personalistica della pubblica amministrazione»

Gli investigatori parlano di «“gestione personalistica” della pubblica amministrazione» che contempla «dall’illecita e clientelare contrattualizzazione di personale» fino alla «mala gestio che ha contraddistinto l’iter amministrativo sotteso alla realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali». «In tale contesto – annotano i finanzieri guidati dall’allora comandante Daniele Tino – la figura del dirigente Domenico Maria Pallaria è stata, evidentemente, il punto “cardine” di tutta una platea di soggetti aventi un ruolo all'interno della Regione Calabria».

I nomi vanno dagli imprenditori Francescantonio Stillitani e Sergio Vittadello, allo stesso Mario Gerardo Oliverio «che si sono sistematicamente a lui rivolti per ottenere vantaggi indebiti a fronte dell’erogazione di utilità di vario genere, a comprova del fatto che tale “sistema” era ben noto a tutti gli attori di volta in volta coinvolti nelle singole vicende oggetto di indagine, così come loro noto era il ruolo preminente di Pallaria».

Lo spauracchio: «Mo m’arrestanu?»

Pallaria sarebbe stato, secondo quanto emerge dalle indagini della Finanza, il perno per prorogare contratti, trovare lavoro senza passare da alcun concorso, ottenere contributi regionali, favorire affidamenti.
Ad un certo punto il manager sarebbe stato informato da una funzionaria della Regione su un suo «possibile coinvolgimento in un procedimento penale istituito in seno alla Procura Distrettuale di Catanzaro». Domenico Pallaria avrebbe cercato di saperne di più cercando di coinvolgere un alto magistrato romano, promettendo all’ex giudice, dal canto suo di risolvergli alcune delicate questioni con la Regione Calabria: «… mo me la vedo io». Inoltre il dirigente si sarebbe recato a Roma «nell’ottica di ottenere rassicurazioni e maggiori informazioni» circa le indagini a suo carico. Dalla funzionaria regionale Pallaria avrebbe saputo il nome del pm titolare del procedimento e del gip. Si dice «allibito» e ha un interrogativo che lo tormenta: «Mo m’arrestanu?».

Secondo quello che emerge dalle conversazioni successive all’incontro con l’anziano magistrato, questi avrebbe consigliato al manager di stare «attento agli amici». In seguito, attraverso una terza persona, il giudice avrebbe fatto sapere a Pallaria che non risultava niente sul suo conto, proprio mentre il manager era sottoposto alle intercettazioni degli investigatori delegati dalla Procura del capoluogo.

La trasferta a Roma per «sbrogliare» i guai giudiziari di Oliverio

Ma Domenico Pallaria non si sarebbe rivolto al giudice solo per chiedere informazioni sul suo conto ma anche per intercedere su una questione giudiziaria che avrebbe interessato l’allora governatore Oliverio. La parola d’ordine tra Pallaria e Oliverio sarebbe stata «la dobbiamo sbrogliare».
Pallaria nel 2019 torna a Roma ma prima di entrare in casa del magistrato spegne il telefono. Anche se gli investigatori non hanno potuto registrare la conversazione tra i due, hanno monitorato l’entrata di Pallaria in casa del giudice e la sua successiva uscita.

Una cosa annotano in più i finanzieri: per la trasferta a Roma «nell’interesse esclusivo e personale del Presidente pro tempore della Regione Calabria», Pallaria avrebbe «falsificato i documenti giustificativi di rendicontazione presentati» alla Regione. Ufficialmente quella missione a Roma era una «riunione Mit andata e ritorno».

L’informativa consegnata nel 2024: «Sistema ancora in essere»

Nel 2024 i finanzieri annotano, al termine dell’informativa: «Non può, evidentemente, escludersi che tale “sistema" illecito sia ancora in essere e pienamente in funzione, con le medesime modalità, poiché Pallaria continua attualmente a ricoprire incarichi di vertice nella Regione Calabria nonché presso il Comune di Curinga». I finanzieri annotano poi che «anche soggetti quali Oliverio, sebbene ormai formalmente non ricoprenti incarichi politici, si ritiene possano reiterare condotte delittuose simili a quelle illustrate nella presente indagine». Oliverio, va ricordato, è finora stato assolto nei procedimenti aperti su impulso della Procura di Catanzaro negli ultimi anni. Rispetto all’emersione di questa inchiesta l’ex presidente della giunta regionale ha parlato di «bomba congegnata a scoppio ritardato» evidenziando che a suo dire la contestazione a suo carico sarebbe «abnorme»: «Avrei istigato un dirigente al fine di un anno di proroga di contratto di 2 (due) co. co. co.».