Non solo malasanità: un giovane dializzato racconta la sua esperienza allo Jazzolino. Un mese di ricovero, interventi e cure prima di essere dichiarato fuori pericolo. «Grazie, vi devo la vita»
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«Mi chiamo Rocco, ho poco più di 30 anni e sono affetto da un grosso problema di salute: da molti anni sono attaccato alla macchina per la dialisi». Inizia così la lettera che un giovane vibonese inoltra alla nostra posta di redazione. Deve la sua vita a un medico di Vibo Valentia, il dottor Giovanni Petracca. Un medico che lavora allo Jazzolino, ospedale troppo spesso alla ribalta per casi di malasanità ma che negli anni, soprattutto in alcuni reparti, ha saputo riacquisire credibilità, malgrado le deficienze strutturali, di posti letto e di organico.
Quel dolore lancinante
La vicenda di Rocco ha inizio ad ottobre scorso. Un dolore lancinante all'inguine associato a febbre alta che va avanti per giorni, lo inducono a recarsi al Pronto soccorso. «Ho paura, non si dice un gran bene di questo nosocomio e siamo pure in piena emergenza Covid». Arriva in sala triage. All'ingresso c’è un’infermiera, trascrive sintomi e dati del paziente. Ci sono altre persone che attendono. Passano i minuti e il dolore aumenta. «A un certo punto compare un medico, mi fa segno di seguirlo. Mi visita».
La terribile diagnosi
La diagnosi è terrificante: fascite necrotizzante. È confuso, non capisce quanto sia grave la sua patologia. Ma quel medico ha un aspetto serio. Preoccupato. «È un’infezione – saprà in seguito – che può condurre a morte. Si propaga facilmente nel sangue e porta all'insufficienza funzionale di tutti gli organi». Lui, il dottore, lo tranquillizza: «Ti tirerò fuori da questa brutta cosa», gli dice. Dispone il ricovero nel reparto di Chirurgia guidato dal primario Franco Zappia. «È lui stesso ogni giorno a medicarmi. A togliere tutto il tessuto necrotico. Il cattivo odore pian piano svanisce. Anche la febbre non c'è più». Ma la strada per la guarigione è ancora lunga e faticosa. «Finora abbiamo rimosso il tessuto malato – dice il medico – ora è arrivato il momento di ricostruire».
Il lieto fine
In sala operatoria il trentenne subirà la ricostruzione del tessuto. Solo dopo un mese di cure sarà dichiarato fuori pericolo. Una volta tornato a casa, decide così di scrivere una lettera di ringraziamento rivolta al dottore Giovanni Petracca, ma anche agli altri medici, infermieri, operatori socio-sanitari, a tutti gli operatori del Reparto di Chirurgia dello Jazzolino di Vibo Valentia: «Grazie per avermi salvato la vita – scrive - Grazie per tutto quello che fate ogni giorno. Silenziosamente».