VIDEO | Discriminazioni che attecchiscono a causa del timore di perdere il posto, imprenditori che giocano con i diritti delle persone. Uno studio legale di Catanzaro analizza le criticità. «Così si lede la dignità della nostra terra»
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«Penso che se un padre, una madre, un lavoratore o una lavoratrice vengono discriminati o mobbizzati si lede la loro dignità, la loro libertà e vita. E penso che si leda allo stesso tempo anche la libertà e la dignità della nostra terra». Non usa giri di parole Danilo Colabraro, sulla scrivania del suo studio legale ci finiscono diversi casi di discriminazione sui luoghi di lavoro.
Terreno fertile
Un terreno fertile quello calabrese, reso tale da un altissimo tasso di disoccupazione - che consente un facile "ricambio" di personale - e da un mercato del lavoro sempre più precario, che assottiglia tutele e difese. «I lavoratori spesso hanno timore di andare da un avvocato e chiamare in causa il proprio datore di lavoro, anche quando i diritti sono palesemente violati».
Il ricatto del licenziamento
«C'è paura di ritorsioni, di essere licenziati o discriminati perché c'è la convinzione diffusa che se vado via io poi il datore di lavoro chiamerà un'altra persona, magari anche con meno garanzie» spiega l'avvocato. Più che una convinzione, quasi una certezza in una regione dove la fame di lavoro fa il paio con la fame tout court e lo stato di bisogno induce a tenersi ben stretta una occupazione anche se ciò spesso vuol dire rinunciare ai propri diritti.
Diritti al ribasso
«Le garanzie dei lavoratori sono tendenzialmente al ribasso» conferma Colabraro che passa in rassegna casi - alcuni clamorosi - di totale rimozione di tutele anche nei confronti delle persone più fragili. «I datori di lavoro - e non parlo solo dei nostri piccoli o medi imprenditori anche di grossi imprenditori che operano sul piano nazionale - spesso disconoscono alcuni diritti. Per alcuni, ad esempio, è naturale pensare che un disabile non debba avere particolari attenzioni per poter lavorare in condizioni di parità con i propri colleghi o, ancora, è naturale che una madre non debba svolgere turni che le consentano di accudire i propri figli».
Stato di bisogno
C'è di tutto nei fascicoli che si sono anche trasformati in cause intentate dinnanzi al Tribunale del Lavoro, discriminazione di genere, e per maternità, per disabilità o per appartenenza sindacale. Grazie al coraggio di chi ha osato sfidare grandi società, colossi abituati a sacrificare i diritti altrui sull'altare dei profitti propri. «Al di là della legittimità della massimizzazione dei profitti, spesso in alcuni territori come il nostro c'è uno sfruttamento della situazione economica».
Il mercato dei pezzi di ricambio
«Può essere semplice licenziare una persona solo perché legittimamente chiede la retribuzione di un'ora di straordinario poi se ne troverà un'altra che non chiederà il pagamento di quell'ora pur di avere un posto di lavoro». Un meccanismo perverso favorito da un mercato dove le persone diventano tanti "pezzi di ricambio" in una catena di montaggio che sfrutta la chiave del precariato «ormai dilagante. La legge benché preveda, almeno teoricamente, che il tempo indeterminato sia la forma regolare di rapporto di lavoro ce ne sono tantissime di precario e flessibile che non garantiscono alcuna stabilità e implementano, al contrario, quella paura di perdere il posto, spingendo il lavoratore a fare più di quello che è dovuto. I lavoratori chiedono aiuto quando quei contratti vengono utilizzati anche in maniera fraudolenta».