Sono 290 le pagine riempite dal collaboratore di giustizia in riferimento al processo che lo vede imputato per associazione a delinquere dedita al narcotraffico. Insieme a lui altri 53 imputati
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La Dda di Catanzaro, nel depositare i verbali illustrativi del collaboratore di giustizia Roberto Presta, ha compiuto un’operazione chirurgica, non omissando solo le frasi dette dall’uomo di Roggiano Gravina, in riferimento al processo “Valle dell’Esaro,” dov’è imputato per associazione a delinquere dedita al narcotraffico, insieme al fratello Antonio, al nipote Giuseppe e ad altri 53 imputati, accusati anche di singoli episodi di spaccio di droga. Sono 290 le pagine riempite da Roberto Presta, nei sei mesi in cui ha riferito su tutto ciò che sapeva in termini criminali, ai magistrati antimafia Alessandro Riello e Corrado Cubellotti, in servizio presso l’ufficio inquirente coordinato dal procuratore capo Nicola Gratteri.
Roberto Presta e le precisazioni sul ruolo degli imputati
Il primo passaggio in chiaro è a pagine 7, quando Roberto Presta in uno dei giorni successivi al nuovo “inizio”, precisa alcune cose sulla presunta associazione. «Con riferimento al tema dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante nella “Valle dell’Esaro”, del quale sono a conoscenza, confermo quanto dichiarato, eccetto le seguenti precisazioni». La frase “incriminata” nel verbale d’interrogatorio del 21 dicembre 2020 è quella in cui Roberto Presta, difeso dall’avvocato Claudia Conidi, afferma che «io la droga la vendevo per conto mio». E spiega: «Con tale frase mi riferivo alla circostanza per cui, avendo una posizione di primo piano ai vertici dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacente, ero autorizzato a vendere una parte dello stupefacente per conto mio, fermi restando i compiti e il ruolo miei propri, all’interno dell’associazione che ho specificato nel corso dei precedenti interrogatori».
L’altra dichiarazione “rivista” è quella in cui Presta aveva affermato che «i vertici di questa organizzazione erano mio fratello Antonio e mio nipote Giuseppe». Anche in questo caso il pentito di Roggiano Gravina precisa che «con tale frase intendevo evidenziare che le persone dotate di massimo potere decisionale all’interno dell’associazione erano, appunto, mio fratello Antonio e mio nipote Giuseppe, cui aggiungo anche Francesco Ciliberti, in virtù del suo essere sposato con la figlia di mio cugino Franco Presta. Subito dopo di loro, in ordine di importanza, ci sono io, che, come ho riferito più volte, operavo in stretto contatto con Mario Sollazzo, che aveva un’importanza pari alla mia». Un cambio di registro abbastanza importante rispetto all’impianto accusatorio che inquadrava i fratelli Presta al vertice della presunta associazione per delinquere dedita al narcotraffico. Così, facendo seguito a questa dichiarazione, Presta si vede “costretto” a specificare che «Francesco Ciliberti non era uno spacciatore ma, come ho detto prima e più volte, un elemento di vertice dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti».
Roberto Presta: «Non spacciavamo solo droga»
Le precisazioni, tuttavia, proseguono con un’altra frase – quella originaria era «lo spaccio di sostanze stupefacenti era la nostra unica attività» – ovvero che «in realtà, come ho anche già detto, lo spaccio di droga non era affatto l’unica attività illecita portata avanti dal nostro gruppo criminale, con quella frase intendevo, al più, riferirmi al dato per cui dallo spaccio di stupefacenti derivava la parte più consistente delle nostre entrate economiche». Ma le precisazioni non sono finite. In precedenza Roberto Presta aveva detto «Ciliberti mandava Michele Fusaro ad avvisarci degli appuntamenti con Giannetta per la consegna della droga», che sarebbe avvenuto “in due occasioni”. E chiarisce che «è stato lo stesso Mario Sollazzo a dirmi che i due chili di marijuana trovati a Gioiello e per i quali quest’ultimo era stato arrestato, era stato lui stesso a cederglieli. Da qui la nostra preoccupazione, trattandosi di droga della nostra associazione. Precisazioni anche su Francesco Iantorno e Roberto Iantorno, due dei tanti imputati di “Valle dell’Esaro”, riferendo che «si tratta di soggetti diversi da quello soprannominato “tarzanicchiu». Brevissima, invece, la dichiarazione su Patitucci, di cui non si specifica che sia uno degli imputati o altro soggetto, il quale (a dire di Presta) «grazie alla sua rete di relazioni», forniva «informazioni rilevanti sulle attività in corso».