La droga veniva comprata da narcotrafficanti della provincia di Reggio Calabria, i pacchi venivano nascosti a  Scalea, Nocera Inferiore, Terzigno e Pompei per poi finire sulle piazze di spaccio di Salerno e Napoli.
Una rotta che è stata stroncata ieri con l’arresto, da parte della Dda di Catanzaro, di quattro persone ritenute appartenenti a un gruppo più vasto, già in parte disarticolato con una precedente operazione messa in atto a giugno scorso dalla Dda di Salerno ed eseguita dalla Guardia di finanza. La distrettuale campana aveva tratto in arresto otto persone. Tra queste Domenico Tamarisco, detto “Nardiello”, 49 anni, di Torre Annunziata ma con obbligo di dimora, nel momento dell’arresto, in un residence di Scalea. È lui, secondo gli inquirenti, il capo promotore  di tutta l’associazione.
Tamarisco, nonostante l’obbligo di dimora, si sarebbe servito di sodali calabresi conosciuti a Scalea – tra i quali Gianluca Rovito, 51 anni di Casali del Manco e Pietro Santagada, 29 anni, di Belvedere Marittimo – , per occuparsi dell’approvvigionamento di droga e del trasferimento della stessa dalla Calabria in Campania.

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In seguito il gip di Salerno ha ritenuto, d’accordo con la Procura, che la competenza territoriale dell’inchiesta fosse della Dda di Catanzaro e gli atti sono stati mandati nel capoluogo calabrese. Qui le indagini sono andate avanti, delegate alle fiamme gialle di Salerno e Napoli.
Si scopre che un altro soggetto aveva obbligo di dimora nello stesso residence: Antonio Pignataro, 63 anni, di Nocera Inferiore. In questo complesso residenziale Pignataro aveva stretto rapporti con Salvatore Maiorino, anche lui di Nocera Inferiore, e Domenico Tamarisco.
I tre si sarebbero fatti complici ma si mostravano prudentemente guardinghi: si incontravano sempre mantenendo cautela, usavano un linguaggio criptico e cancellavano alla svelta i messaggi whatsapp.
Fino a settembre 2021, nella stessa area, aveva dimorato anche Luigi Vicidomini, detto “O Taliano”, un noto pregiudicato di Nocera Inferiore che si trovava agli arresti domiciliari a Scalea. E anche lui aveva stretto rapporti con Tamarisco.

I calabresi fedelissimi di Tamarisco

I calabresi implicati in questa indagine sono Joseif Slimane, 34 anni, nato a Praia a Mare e tratto in arresto ieri, Gianluca Rovito, Pietro Santagada e Fabio Scaglione, 50 anni, di Scalea indagati nel corso della prima operazione.
Stando al primo troncone dell’inchiesta, Scaglione, Rovito e Santagada (indagato ma per il quale il gip non ha concesso misura cautelare) sono tutti uomini di fiducia di Tamarisco, pronti ad gestire i rapporti con i fornitori di droga (quasi tutti calabresi) e con gli acquirenti (di Salerno e Napoli) e dediti al confezionamento e al trasporto di cocaina, marijuana e hashish grazie ad auto dotate di doppio fondo e a telefonini criptati messi a disposizione dallo stesso dominus.
Secondo gli investigatori, Tamarisco inviava a Rovito e Santagada a Salerno per inviare messaggi e trasmettere informazioni ai propri contatti campani.
Anche Slimane, è emerso dal secondo troncone dell’indagine, era uno stretto collaboratore di Tamarisco, incaricato di acquistare e trasportare le partite di sostanze stupefacenti.

Il summit a casa di Pignataro a Scalea

A ottobre 2021 Pignataro aveva dato la disponibilità di fare a casa sua un incontro organizzato da Tamarisco al quale partecipa un altro pregiudicato: Enrico Uda, cagliaritano di 52 anni.
Pignataro – che all’epoca del suo obbligo di dimora a Scalea aveva già scontato 30 anni per l’omicidio, nel 1982, della piccola Simonetta Lamberti, 11 anni, figlia dell’allora procuratore di Salerno Alfonso Lamberti – era considerato una sorta di dominus super partes, uno che Tamarisco trattava con rispetto. Uno che nella sua abitazione di Scalea aveva ospitato un summit criminale, monitorato dalle Forze dell’ordine che hanno visto arrivare più persone, non tutte identificate: un uomo anziano, Enrico Uda, un uomo calvo dalla carnagione rossiccia. Vedono arrivare, dal vicolo cieco che porta all'abitazione di Tamarisco, due uomini vestiti di scuro di cui uno incappucciato. Viene notato Fabio Scaglione che assume la funzione di vedetta. Gli investigatori annotano tutto: targhe di automobili, tempi dell’incontro.
Ritengono che mettere la propria abitazione a disposizione del gruppo criminale certifichi la partecipazione di Pignataro all’associazione nella quale era una sorta di dominus che godeva degli introiti del traffico di droga.