Un sogno - mettere al mondo una creatura, un figlio tuo - che, solo accarezzato ed una volta svanito, s’è trasformato in un incubo. Non è mera cronaca, non è solo un presunto caso di presunta malasanità. Questa storia racconta il desiderio struggente di una giovane coppia. Racconta il suo supplizio per conquistare una gravidanza, che inizia nel Centro per la procreazione assistita del Pugliese Ciaccio di Catanzaro e si conclude con un pianto struggente e una denuncia negli uffici della Squadra mobile di Vibo Valentia.

 

Anna e Davide iniziano il loro lungo e arduo cammino il 23 luglio del 2019, nell’hub del capoluogo di regione. Seguono mesi di sacrifici, di attesa e terapie. Il 9 marzo del 2020, nei giorni dell’emergenza coronavirus, la coppia ed il Centro, con tenacia, compiono il primo passo decisivo: la fecondazione dell’ovulo. Il 12 marzo l’ovulo fecondato viene impiantato. Due settimane dopo l’esame Beta dà il risultato sperato: Anna aspetta un figlio.

 

Il 9 aprile la prima visita: sì, la gravidanza procede regolarmente, da quattro settimane c’è una vita che cresce nel grembo della giovane mamma. Il 23 aprile un nuovo controllo: la creatura sta bene, è tutto regolare. Il compito del Centro di procreazione assistita si esaurisce qui, ora Davide deve premurarsi di accompagnare periodicamente Anna, per i necessari controlli, che possono serenamente svolgersi all’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, a venti chilometri da Briatico, dove la coppia vive.

 

Il primo esame al nosocomio vibonese è confortante: la dottoressa effettua l’ecografia e si sbilancia, potrebbe essere un maschietto. Nuove analisi, un nuovo controllo, stavolta è un medico che effettua la visita: va tutto bene, ma non è detto che sia maschio; anzi, quasi certamente è una femminuccia. Ma che importa, ciò che conta è che il feto sia in salute. Il prossimo passo è l’amniocentesi: per i risultati serviranno dieci giorni.

 

Anna sta bene, poi però, nel volgere di pochi giorni la situazione precipita. È il 23 giugno, Anna sta male, soffre a causa di dolori lancinanti al basso ventre, Davide si allarma e chiama la dottoressa, quindi l’accompagna in ospedale: solo una cistite, le dicono dalla Ginecologia, la bimba è in salute, un po’ di riposo e tutto tornerà a posto. In effetti, al rientro a casa, i dolori si alleviano, ma all’alba del mattino successivo riesplodono e alle perdite biancastre seguono perdite di sangue.

 

Dall’ospedale consigliano di assumere un antispastico. Il sollievo dura poche ore e la situazione precipita nuovamente: Davide alle 11 è fuori, con Anna c’è la cognata, che prende in mano la situazione e la riporta in ospedale. Giunta al Pronto soccorso, stremata dal dolore, Anna si accascia a terra colta da un malore. Si riprende e viene ricoverata in Ginecologia. Sottoposta a controllo, le viene detto che nonostante il dolore lancinante, la gravidanza procede regolarmente. Anzi, il personale del reparto dice alla cognata che non servono neppure i presidi necessari a contenere le perdite lamentate da Anna. «Va tutto bene, è tutto sotto controllo», le dicono.

 

Poi lo strazio. Davide alle 14 chiama la cognata, che piange e riesce a dirgli cosa sta accadendo, le sue uniche parole: «Vai da tuo fratello Mario, ti spiegherà lui». Davide, così, si precipita da Mario e da lui apprende che Anna ha perso la bambina. La loro creatura si poteva salvare? I medici potevano accorgersi del dramma che si stava consumando?

 

Interrogativi la cui risposta oggi, Davide e Anna, demandano all’autorità giudiziaria. Si affidano all’avvocato Giacomo Franzoni e si rivolgono alla Squadra mobile. La denuncia, la consegna della documentazione, le speranze riposte nella Procura di Vibo Valentia e nel capo dell’ufficio Camillo Falvo affinché si faccia piena luce sul sogno infranto di una giovane coppia che voleva solo mettere ad mondo una nuova vita.