Da Cosenza a Catanzaro scetticismo e perplessità per le nuove regole in vigore da oggi: «Non può essere la soluzione, avere il certificato non esclude che si possa essere positivi e infettare». E ancora: «Come facciamo a star dietro a tutti i clienti? Ci vuole una persona che si occupi solo di questo» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Non mancano le proteste nel giorno in cui il green pass diventa obbligatorio per poter accedere nei luoghi al chiuso, compresi bar, ristoranti e palestre. Da Cosenza a Catanzaro, sono soprattutto i gestori delle attività a sollevare perplessità circa le nuove regole in vigore da oggi.
Cosenza
«Questo green pass è uno schiaffo alla democrazia. Chi non si è vaccinato per motivi personali va rispettato e non discriminato. Sono per la legge, ma contro le incoerenze», afferma con forza Giovanna Mirabelli, titolare di un bar in centro città a Cosenza. Al momento, lamenta, non è stato previsto identico obbligo per i lavoratori o i gestori delle attività, dunque chi siederà al tavolo in un locale al chiuso dovrà avere il green pass, ma chi lo servirà potrebbe non averlo. E negli stessi locali, ma per una consumazione veloce al banco niente certificazione.
«Il green pass non è una soluzione - sostiene Mirabelli - perché avere la certificazione verde non esclude la possibilità di infettare altre persone. In realtà posso essere positiva asintomatica e avere il green pass, quindi, entrare in un locale, ma potenzialmente infettare altri. È una contraddizione in termini. Inoltre, io sono una barista non una guardia e non ho l'autorizzazione per la visione dei dati personali. Devono rendere obbligatorio il vaccino se vogliono risolvere il problema».
Si accoda alla protesta anche il ristoratore Mario Policicchio: «Come cittadini siamo tutti favorevoli alla campagna vaccinale, essendo l’unica strada percorribile per uscire da questo tunnel del Covid e tornare ad una parvenza di normalità. Come ristoratori, queste misure sono fortemente penalizzanti per una categoria come la nostra, già martoriata e messa in ginocchio da una politica errata e priva di logica. Non possiamo essere noi ristoratori ad ergerci a “forze dell’ordine” per trasformare le nostre attività in “dogane”; per poi vedere negli uffici pubblici, nei super mercati o nelle pubbliche piazze rispetto per le normative anti-contagio pari a zero. Secondo la politica sono davvero ristoranti e bar i maggiori veicoli di contagio? E davvero gli imprenditori devono “indossare” un distintivo per poter lavorare e cercare di recuperare tutte le perdite di questi mesi di non lavoro? Chiediamo, come categoria, di essere tutelati con una politica di prevenzione che abbia un senso logico e che non sia l’ennesimo motivo per multarci e far aumentare le perdite».
Catanzaro
Si parte anche a Catanzaro, con scetticismo ma anche disappunto per un provvedimento inteso come un'ulteriore penalizzazione della categoria. «Premesso che la vaccinazione è un fatto sacrosanto - spiega il gestore di un bar del centro storico capoluogo che chiede l'anonimato - noi non possiamo certo fare i poliziotti con i nostri clienti. Il decreto prevede che si chieda la certificazione? Bene, ci atterremo alle disposizioni anche se ci sono delle incongruenze, ma mettetevi nei nostri panni: non è facile».
Al tavolo, nel locale, ci sono due avventori. «Siamo assolutamente in regola - dicono - entrambi vaccinati con seconda dose e regolare comunicazione sul cellulare che abbiamo esibito. Non si discute la validità di queste disposizioni soprattutto con la pandemia che mostra di alzare la testa, ma per gli operatori non è certo tutto rose e fiori».
Pochi metri più avanti, altro bar-pasticceria. Al bancone c'è un vai e vieni. Nel dehor che dà sul corso, invece, c'è solo una coppia che consuma la colazione. «Non abbiamo avuto bisogno nemmeno di chiedere - dice uno dei dipendenti del locale che ha appena servito i due - sono marito e moglie ed entrambi vaccinati. Al momento non abbiamo difficoltà particolari, siamo ad agosto e molti uffici lavorano a ranghi ridotti per le ferie, ma nei momenti di maggiore afflusso non sarà facile stare dietro alla clientela. Sarà necessario, inoltre, che uno di noi si occupi solo del controllo della certificazione».
Anche le palestre, che in questo periodo lavorano a scartamento ridotto per la stagione (aperture solo tre giorni a settimana e di pomeriggio) sono chiamate ad un ulteriore sacrificio. «I nostri ingressi sono contingentati, non più di tre per turno - dice il titolare di una delle più note e frequentate della città - e le nostre indicazioni sono già piuttosto rigorose».
Green pass obbligatorio anche per visitare la mostra su "Chagall-La Bibbia" in corso al Complesso monumentale del San Giovanni, aperta solo nel pomeriggio.