Il collaboratore di giustizia durante la sua deposizione nel processo ha parlato dell'episodio del 2004 come di una «bufala, un attentato per accreditare un peso politico maggiore all'allora sindaco»
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Per l’esplosivo piazzato nel 2004 al Comune di Reggio Calabria «c’era stato l’interesse di Nicolò Pollari». È il collaboratore di giustizia Seby Vecchio, ex assessore comunale e poliziotto, a fare il nome dell’ex direttore del Sismi nella vicenda del tritolo senza innesco trovato dalla polizia, dopo una segnalazione dei servizi segreti, nei bagni di palazzo San Giorgio, sede del Comune. In seguito all’intimidazione, la prefettura dispose la scorta per l’allora sindaco Giuseppe Scopelliti.
«Ho parlato in prima persona sia con i politici che persone della ‘ndrangheta – ha detto Vecchio durante il processo Gotha rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e degli avvocati -. Per quanto riguarda l’esplosivo, è stato una bufala. È stato preparato. Era un attentato per accreditare un peso politico maggiore a Scopelliti. Qualcuno ha detto anche il nome di chi ha portato l’esplosivo lì. Per esempio chi entrò a Palazzo San Giorgio per mettere il tritolo nel bagno? Carmine Nunnari».
Alla domanda della presidente Silvia Capone su chi è Carmine Nunnari, il collaboratore di giustizia ha risposto: «Non so se ancora oggi è impiegato a Palazzo San Giorgio, ma è conosciuto come ‘Carminello ultras della Reggina‘ che lavorava come usciere al Comune. Si prestò un dipendente del Comune. Non so da chi gli venne chiesto di farlo ma c’è stato un coinvolgimento così tanto da poterlo fare in maniera pulita, cioè posizionare il tritolo nel bagno e uscirsene senza che nessuno se ne accorgesse fino a dare l’allarme».
L’operazione, però, sarebbe stata gestita dagli apparati di sicurezza. «I servizi - ha detto Vecchio – erano interessati a blindare la persona di Peppe Scopelliti affinché prendesse tutto e per tutto. Alla fine c’era sempre il lato economico. Più che fortificarlo Scopelliti, bisognava inventarlo, strutturarlo e portarlo avanti dal nulla nell’interesse delle consorterie ‘ndranghetistiche, di Paolo Romeo e dei De Stefano. È una convergenza tra consorterie ‘ndranghetistiche e servizi finalizzati a rendere più solida la figura di Scopelliti». Quel tritolo poi è risultato dello stesso tipo di quello proveniente dalla “Laura C”, la nave affondata al largo di Melito Porto Salvo.
Secondo il collaboratore di giustizia, dell’attentato fallito a Palazzo San Giorgio se ne parlava in città. «Il ritrovamento dell’esplosivo – ha sostenuto – è stato commentato sia in ambienti politici che ‘ndranghetistici. Ho commentato con gli assessori Amedeo Canale, Michele Raso e Imbalzano. Dopo l’ordigno è successo solamente che Scopelliti ottenne la scorta e questo gli dette più lustro. L’esplosivo sembra un qualcosa fatto di proposito. Architettato con l’aiuto di qualcuno dei servizi segreti. Negli anni successivi, parlando con un appartenente dei servizi segreti, mi dette la stessa versione».