In un’intercettazione, Paolo Romeo e Giorgio De Stefano contavano di orientare le scelte degli elettori: «Possiamo fare salire Loiero? Scopelliti ha candidati forti»
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Lottizzazione delle società miste partecipate dal Comune di Reggio Calabria; gestione dei fondi del Decreto Reggio; elezioni comunali e regionali. Sono solo alcuni dei settori passati in rassegna dal gup Pasquale Laganà nella sentenza del processo Gotha, le cui motivazioni sono state depositate ieri.
Il giudice pone l’accento sulle relazioni occulte gestite da Paolo Romeo, con l’ausilio di alti rappresentanti delle istituzioni (vice prefetti e parlamentari).
L’intercettazione nello studio
Sono proprio Romeo e De Stefano, il 20 marzo del 2010, ad incontrarsi all’interno dello studio legale Tommasini. Ritengono di essere in un luogo neutro e sicuro, lontani da possibili intercettazioni, proprio perché fuori dai soliti contesti. Da lì inizia un dialogo fitto sulle dinamiche elettorali, «con l’evidente finalità di modificarne eventualmente l’esito a seconda della scelta del candidato da appoggiare, ciò, si badi, a soli sette giorni dal voto», scrive il giudice.
De Stefano, rivolgendosi a Romeo, afferma che «se riusciamo gli ultimi sei, sette giorni… a dargli l’impressione alle persone che… noi sosteniamo… a Loiero la gente si convince che è forte e può salire»; Romeo, dal canto suo, esprime il proprio scetticismo, sostenendo che lo sforzo sarebbe stato inutile poiché «con tutta una operazione di questa che possiamo fare Giorgio si può spostare di cinquecento voti... mille voti» in quanto «questo merda di Scopelliti» può contare su «candidati che sono forti», mentre «il centro sinistra qua ha» solo «sei liste» di cui «quelle che tirano alla fine» fanno capo a «Naccari, Demetrio Battaglia e Bova», in quanto i sostenitori di Loiero «pensavano a litigarsi fino a sette giorni prima della presentazione delle liste e uno che si litiga fino a sette giorni prima delle liste non può fare le liste perché non può andare da nessuno perché deve guardare il proprio culo». Di conseguenza, quanto era possibile «fare a livello di opinione o di massa lo perdi perché non hanno questa forza trainante». Romeo poi osserva che Loiero «ha perso tempo per vedere per farsi candidarsi invece di fare le liste perché non è che non aveva la possibilità di fare le liste... se si sedeva con me e con te glielo dicevo io a chi doveva candidare qua a Reggio per per… prendere i voti ma lui non si è potuto sedere a ragionare di queste cose perché doveva ragionare di altro e lui perde a cagione di questa debolezza strutturale delle liste».
Opposti ma uguali
Usano sempre il plurale, Romeo e De Stefano. «Noi» è la parola più utilizzata, come se fossero parti di uno stesso corpo, sebbene le risultanze storiche li collochino su fazioni politiche diametralmente opposte. Ma evidentemente è solo apparenza. Il duo degli invisibili, invece, si muove compatto e alla vigilia delle elezioni regionali pensa a come poter decidere l’esito del voto, nonostante si sappia che un’operazione come quella prospettata in precedenza – afferma Romeo – può spostare «cinquecento, mille voti». Per il gup questi sono tutti «elementi che offrono dimostrazione del fatto che un tale tipo di intervento a vantaggio dell’uno o dell’altro candidato sarebbe stato possibile soltanto in virtù del coinvolgimento della ‘ndrangheta, nella sua componente unitaria, non potendosi ritenere plausibile che una sola – sia pure potente ed influente – cosca sia in grado, a soli sette giorni dal voto, di condizionare una competizione elettorale su base regionale».
Capacità di decisione
Il gup Laganà è netto: le conversazioni non lasciano spazio ad interpretazioni alternative. Giorgio De Stefano e Paolo Romeo «dimostrano una straordinaria capacità di governare ed orientare lo scenario politico locale in modo tale da determinare le sorti delle elezioni comunali, provinciali, regionali ed europee (come nel caso della schiacciante vittoria elettorale al Parlamento Europeo nell’anno 2004 di Pirilli Umberto), giungendo finanche a stabilire chi, fra un candidato e l’altro, debba prevalere. Ciò, evidentemente, è il frutto di sinergie criminali risalenti nel tempo, le quali traggono forza e vigore dal ruolo di primissimo rilievo che i due coimputati rivestono in seno alla ‘ndrangheta, per esserne non solo “parte” integrante, ma addirittura suo vertice assoluto».
Consolato Minniti
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