Spettacolare esito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Crotone e condotta dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale che ha consentito di recuperare testimonianze archeologiche di inestimabile valore trafugate nel corso degli anni in Italia centrale e immesse sul mercato clandestino. Ventitré le persone indagate e 80 decreti di perquisizione
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I comandanti del Gruppi Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Roma e Cosenza, questa mattina hanno consegnato al direttore del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria oltre duemila reperti archeologici di eccezionale valore storico, tra i quali figurano oggetti italici, etruschi, greci e magnogreci recuperati nell’ambito dell’indagine denominata “Achei”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Crotone.
L’evento si è svolto alla presenza del capo dipartimento Tutela Patrimonio Culturale del Mic, del Direttore Generale Musei del Mic, del comandante della Legione Carabinieri “Umbria”, del comandante del Comando provinciale Carabinieri di Perugia, del direttore regionale Musei Nazionali di Perugia e del Soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l’Umbria, nonché delle autorità civili, militari e religiose provinciali di Perugia.
Gli straordinari reperti archeologici restituiti, riferiti all’Italia centrale e al territorio umbro, di ingentissimo valore storico-culturale ed economico – è spiegato in una nota – sono stati recuperasti nel contesto di una complessa attività d’indagine sviluppata dai Carabinieri del Nucleo TPC di Cosenza che hanno constatato, inequivocabilmente, l’esistenza di un vasto traffico di beni archeologici italiani su scala nazionale e internazionale, con ramificazioni all’estero tra Gran Bretagna, Francia, Germania e Serbia.
Le indagini, svolte da maggio 2017 a luglio 2018, hanno consentito di accertare i sistematici saccheggi di più squadre di “tombaroli” che, con una articolata suddivisione di competenze e ruoli, garantivano al mercato clandestino un flusso continuo di beni archeologici, di ingente valore economico, inseriti in complessi canali di ricettazione in Italia e all’estero.
L’operazione dello speciale reparto dell’Arma si è conclusa con l’emissione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari da parte del gip del Tribunale di Crotone, su richiesta della Procura della Repubblica che ha coordinato le indagini, nei confronti di 23 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita, nonché l’esecuzione di 80 decreti di perquisizione nei confronti di altrettanti soggetti, indagati in stato di libertà.
La restituzione al patrimonio dello Stato dei beni culturali recuperati è frutto di azioni complesse, compiute in stretta sinergia con gli organi centrali e periferici del Mic, nonché dell’impegno e la professionalità di donne e uomini, militari e civili, altamente specializzati nello specifico settore – conclude la nota – che hanno consentito di salvare importanti testimonianze dell’identità collettività che raccontano la loro storia e, di riflesso, la nostra.