In attesa dei lavori di bonifica che competono agli enti quanto mai litigiosi, ci ha pensato la natura a ripulire il canale portando a mare i veleni che conteneva. Come era previsto, le forti piogge di oggi pomeriggio hanno invaso la condotta di servizio all’area portuale industriale di Gioia Tauro – dal 10 luglio scorso segnalata alle autorità per la presenza al suo interno di metalli pesanti e idrocarburi – sversando in acqua e per più ore il suo portato altamente inquinante.

 

È la terza volta che i liquami rompono gli argini e tracimano da quando è stata denunciata un’emergenza che né la Regione, proprietaria di questo canale delle acque piovane tramite il consorzio industriale, né l’Autorità portuale – sul cui arenile di competenza era stata formata una fragile diga di sabbia per regimentare il flusso d’acqua –hanno affrontato per tempo e con soluzioni definitive.

 

“Canale dei veleni”, il rimpallo tra Regione e Porth Authority in un esposto ai carabinieri

 

Così, l’opera di messa in sicurezza e pulizia della foce che era in corso – sebbene abbia considerevolmente prosciugato il “lago nero”controllato sulla spiaggia tramite da una ditta incaricata dall’autorità portuale e gli interventi di depurazione pagati dalla Regione – non ha impedito che il canale ancora inquinato portasse nuovamente al mare i residui dei ripetuti sversamenti illeciti registratisi negli anni.

 

Il balletto di responsabilità intorno alla definitiva soluzione di una crisi che Antonella Rizzo, assessore regionale all’ambiente” in una sua comunicazione aveva classificato come “disastro ambientale”, si era registrato in almeno due riunioni tecniche che non erano servite a decidere la competenza sulla necessaria bonifica della condotta di 4 km.

 

“Canale killer” al porto di Gioia Tauro, la Regione ammette l’inghippo

 

Un inghippo amministrativo che aveva rimandato a data da destinarsi l’intervento urgente più consistente, nel quadro di un rimpallo fra enti fruttodi una amara triangolazione burocratica che va avanti da luglio. Il consorzio industriale, l’autorità portuale e la società mista Iam, quest’ultima aveva il compito di manutenere la condotta - forse temendo gli effetti della legge ispirata al principio “chi inquina paga” e non volendosi accollare costi per dei lavori che si annunciano imponenti – a lungo hanno disconosciuto le proprie competenzepregresse. Su quelle future, ora che la natura ha fatto il suo “corso” veloce e nefasto, si potrebbe registrare qualche accelerazione.