La testa (e il portafoglio) a Catanzaro, il cuore (e il Patrio suolo) tra i ghiacci dell’Antartide: ha contorni surreali la truffa scoperta dagli agenti della Digos coordinati dalla Procura di Catanzaro. Una truffa che sembra fare il verso agli Amici miei di Monicelli e che ha finito col coinvolgere più di settecento persone su quasi tutto il territorio nazionale, tutte in fila e soldi alla mano, per acquisire la cittadinanza del fantomatico Stato teocratico antartico di San Giorgio.

Benvenuti a Paperopoli

Gli investigatori hanno individuato quasi mille persone in finta fuga dall’Italia (e dalle sue regole, tasse in testa): tutti di estrazione sociale diversa, i presunti cittadini “antartici” sono riusciti a farsi coinvolgere in un raggiro dai tratti così grossolani che, se non fosse per il vortice di denaro collegato all’acquisizione della cittadinanza e all’acquisto dei relativi documenti, potrebbe fare pensare ad una goliardata ben riuscita. Vertice di questa presunta associazione (30 gli indagati per 13 dei quali sono scattati gli arresti domiciliari) sarebbe Damiano Bonventre, 71enne trapanese di Alcamo con alle spalle una condanna per bancarotta fraudolenta.

Sarebbe lui, in collaborazione con l’ex generale della Gdf Mario Farnesi, ad avere ideato e messo in piedi il fantomatico stato di San Giorgio, una sorta di “Paperopoli” incastonata in un angolo inesistente del continente antartico. Uno Stato farlocco ma a cui gli indagati avevano ritagliato un piccolo posto (ovviamente finto) nel contesto internazionale, rimpolpandolo con fantomatiche sedi diplomatiche, inesistenti accademie universitarie e un sistema sanitario in grado di accogliere i medici nostrani sospesi per le loro posizioni no vax. E poi organi di Governo e giudiziari, l’emissione di francobolli, persino un servizio di intelligence: tutto acchittato in bella mostra sui social network – la sola pagina facebook dello “stato che non c’è” conta più di mille iscritti – per accalappiare più gonzi possibili.

Immunità diplomatica

E se i contorni di questa storia assumono toni «parodistici, al limite del farsesco» i dettagli ideati dai presunti truffatori sono piuttosto sofisticati. A cominciare dai documenti, spacciati e venduti come validi per l’espatrio ed effettivamente utilizzati dagli indagati per muoversi fuori dai confini nazionali. I documenti (carte d’identità, patenti di guida, passaporti) erano realizzati ad arte («talmente buoni che si poteva tranquillamente passare all’aeroporto» racconterà una teste) e, sostengono i giudici, sarebbero stati utilizzati anche per movimentare piccole quantità di droga. «non so se Fabrizio (Barbero, ndr) facesse traffici anche a Tenerife – racconta agli inquirenti Laura Di Bella, folgorata sulla via antartica e poi “emigrata” dallo Stato inesistente – so che è riuscito a spostarsi lì usando i documenti della legale rappresentanza sovrana. Ne sono a conoscenza perché era lui stesso a vantarsene. Ricordo che mandò un audio in cui si sentiva che all’aeroporto di Tenerife era riuscito a non passare sotto lo scanner aeroportuale, convincendo il poliziotto della sua qualità para-diplomatica».

No tax

E se in fila per accedere ai documenti del falso Stato si potevano trovare anche genitori separati che speravano di espatriare portandosi dietro i figli senza il consenso dell’altro genitore, ad incrementare la popolazione dello Stato di San Giorgio era stata principalmente la promessa di accedere ad un sistema fiscale ancorato, per i soli cittadini della teocrazia antartica, a un più che allettante 5%.

Una chimera così succulenta che i nuovi “cittadini” erano disposti a sborsare, come «contributo volontario», somme che oscillavano tra i 300 e i mille euro. Donazioni ridotte che, sommate, superano i 400mila euro transitati attraverso tesorerie illusorie, prima di finire nelle tasche degli indagati. E ancora le finte patenti utilizzabili «per un accordo bilaterale tra San Giorgio e l’Italia» ed esibite da alcuni degli indagati anche per registrarsi all’inaugurazione dell’apertura catanzarese dell’hotel Perla del porto, e i finti titoli nobiliari che gli indagati avrebbero venduto un tanto al chilo, in un vortice di follia che avrebbe portato alcuni dei “cittadini” «a fare scadere – racconta ancora una teste agli investigatori – tutti i documenti italiani, facendosi dichiarare irreperibili appositamente, per poi utilizzare esclusivamente i documenti dello stato di San Giorgio».