Sei misure cautelari sono state eseguite nei confronti di altrettanti soggetti e un intero complesse aziendale è stato sequestrato questa mattina a Isola Capo Rizzuro, nel Crotonese, nel corso dell'operazione denominata "Erebo Lacinio".

I militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e della Sezione Operativa Navale di Crotone, hanno dato esecuzione al provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro, della misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Isola di Capo Rizzuto e dell’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale per 12 mesi nei confronti della proprietaria (S.A. di 55 anni), del rappresentate legale (C.A. di 47 anni) e due dipendenti amministrativi (C.F. di 57 anni e S.S. di 42 anni) della società agricola di Isola di Capo Rizzuto. Sono stati oggetto di misura cautelare anche altre due persone (M.A. di 58 anni e R.R. di 50 anni) nei confronti delle quali è stato disposto l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Il Gip. di Catanzaro, in relazione alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ha disposto inoltre il sequestro preventivo, anche per equivalente, della somma di euro 14.532.921, quale profitto del reato conseguito dalla citata società.

I provvedimenti cautelari giungono al termine di una complessa indagine, coordinata dal Procuratore Capo Nicola Gratteri e diretta dai Sostituti Procuratori Paolo Sirleo e Dott. Domenico Guarascio, che ha consentito di far luce sull’esistenza di un’associazione per delinquere, con al vertice i proprietari della società agricola coinvolta, finalizzata al conseguimento degli incentivi pubblici, erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E.), per la produzione di energie da fonti rinnovabili.

Scopo di tale forma di incentivazione è quello di sostenere economicamente le imprese che producono energia mediante l’uso di fonti alternative, con il duplice effetto, da un lato, di minimizzare la produzione di residui nocivi per l’ambiente e, dall’altro, di impiegare utilmente i residui di lavorazione sottraendoli alla filiera dei rifiuti. Presupposto necessario per ottenere il beneficio è il rispetto rigoroso della legge, sia in punto di allestimento dell’impianto di produzione dell’energia che di concreto funzionamento dello stesso.

È in tale contesto che si inserisce il meccanismo di frode attuato dal sodalizio mediante la presentazione al G.S.E., di dati non veritieri sia nella fase di progettazione e costruzione dell’impianto di biogas, ubicato a Isola di Capo Rizzuto, che in quella di utilizzo dello stesso permettendo alla società di percepire indebitamente nel periodo dal 2011 al 2018 incentivi pubblici per oltre 14 milioni di euro.

Gli approfondimenti investigativi, eseguiti anche mediante attività di osservazione e pedinamento dei mezzi aziendali, hanno consentito altresì di verificare anche l’utilizzo di biomasse di origine animale e vegetale in difformità alla normativa di riferimento (Reg. Comunitario 1069/2009 ed al D.Lgs. 152/2006) con la conseguente qualificazione delle stesse come rifiuto e pertanto non più utilizzabili nel ciclo di produzione di energia pulita; numerosi gli episodi di sversamento nelle campagne isolitane del prodotto derivante dalla produzione di biogas, in assenza di un Piano di Utilizzazione Agronomica.
LEGGI ANCHE: Frode da 14 mln nel Crotonese, tra gli indagati ex vice presidente Regione Antonella Stasi