«Un compagno di vita, di avventure e sventure» così il ricordo commosso di Marta Petrusewicz davanti alla camera ardente di Franco Piperno, l’ex leader del Sessantotto, scomparso ieri a 82 anni. «Qui vedo tanti compagni che hanno fatto le battaglie politiche insieme a lui, battaglie civiche, a cominciare dalla scuola. Vorrei tanto che il saluto a lui si facesse al Planetario, ma andrebbe prima riaperto perché a quanto pare il Comune è luogo riservato in questi casi solo agli ex sindaci». Petrusewicz ha poi parlato del rapporto tra il fisico e la gente. «Sposare le idee era la cosa più importante per Franco, così come il dialogo e il confronto. Nelle ultime settimane voleva ancora fare riunioni».

«Ricordo quando a casa venivano giovani e i vecchi compagni di Potere Operaio che cominciavano a parlare della centralità della città come aggregazione, non erano partiti, ma aggregazioni intorno a delle idee civiche di azione comune, è così che è nata Radio Ciroma. Piperno non conosceva la parola “ciroma” all’epoca, l’ha imparata dopo».

E sul processo 7 aprile ricorda: «Questo processo fu la tappa finale di un’epopea, di un lungo periodo di esilio. Una gran quantità di fango gli è stata scaraventata addosso dai magistrati che lo accusavano di 57 omicidi, poi il processo si è ridotto a quello che lui aveva sempre rivendicato di essere, cioè un sovversivo. Piperno rivendicava una continuità dell’azione politica intellettuale e sociale, non c’erano stati pentimenti nel suo percorso se non per cose minime. Dopo il suo ritorno in Calabria, quando ha cominciato a occuparsi di astronomia visiva, la sua idea è stata sposata da tantissimi sindaci, voleva che tutti tornassero a guardare il cielo. “Dobbiamo aggiungere ricchezza alla nostra vita”, diceva quando andava per quelle colline e i sindaci spegnevano le luci illuminando la volta celeste. “Noi siamo più ricchi di altri”».