Il 30enne sarebbe rimasto vigile e cosciente per molte ore nonostante le ferite. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe avuto un alterco con alcune persone alcune ore prima della sparatoria che lo avrebbero minacciato. Ecco i nomi dei tre arrestati
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«Mi stavano cercando». Francesco Prisco, 30 anni, morto il 27 febbraio all'ospedale Annunziata di Cosenza dopo una lunga agonia, ha detto così ai carabinieri che dieci giorni prima, nel cuore della notte, erano giunti in via Pucci a Tortora per una sparatoria. Prisco, nonostante le ferite da arma da fuoco su tutto il corpo, all'arrivo dei militari era ancora lucido e in grado di parlare. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, resa possibile anche grazie alle immagini di videosorveglianza sparse sul territorio, si sarebbe trattato di un regolamento di conti.
È quello che emerge dall'inchiesta, che stamattina ha portato all'arresto di tre persone. Si tratta di Angelo Lentini, 43 anni di Praia a Mare, Michele Tufano, di 40 anni, di origini campane ma residente a Tortora, Jonathan Russo, 40 anni di Scalea. Tutte e tre, secondo l'accusa, si trovavano a bordo dell'auto da cui, la notte del 17 febbraio, sono stati sparati numerosi colpi di fucile. La giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, Rosamaria Mesiti, ha disposto per loro la misura cautelare in carcere.
L'agguato
Secondo la ricostruzione, intorno all'una e trenta del 17 febbraio scorso, Prisco e alcuni degli indagati avrebbero avuto un'accesa discussione innanzi a un bar di Praia, alla presenza di molte persone. In quella occasione, uno degli indiziati avrebbe detto, ad alta voce, rivolgendosi al giovane: «Fai il bravo, se no finisce male, io ti sparo». Prisco avrebbe quindi piegato la testa, con l'intenzione di mettere fine all'alterco, si sarebbe messo in auto e sarebbe andato via insieme ad alcuni amici. Una volta a casa, avrebbe dato la buonanotte alla madre e poi avrebbe messo a bollire l'acqua per la pasta, per preparare il suo piatto preferito. Qualche minuto, più tardi, avrebbe però ricevuto una telefonata, ed è sceso in strada senza nemmeno spegnere il gas.
Alcune persone a lui vicine, sarebbero andate a portargli un "pallino", ossia, una dose di droga, presumibilmente cocaina. Questo passaggio è fondamentale. Sarebbe stato lo stesso Prisco ad incaricare i suoi amici di andare a prendere la sostanza stupefacente dall'uomo con cui aveva litigato poco prima e oggi indagato per l'omicidio. L'uomo, per motivi ancora da accertare, dopo il litigio si sarebbe messo sulle tracce del giovane e pertanto avrebbe seguito gli amici che l'hanno condotto dritto sotto casa sua.
L'auto sulla quale viaggiava a tutta velocità insieme agli altri due indagati, è sopraggiunta, infatti, proprio nel momento in cui si è registrata la cessione della bustina. Prisco avrebbe subito riconosciuto l'auto e avrebbe tentato la fuga, ma dal finestrino sarebbe immediatamente partita una prima scarica di colpi che l'hanno fatto crollare a terra. La vittima è stata raggiunta ai polsi, alla coscia, all'addome e al femore. Avrebbe comunque provato a rialzarsi, ma l'auto avrebbe fatto retromarcia per prendere ancora la mira.
La corsa disperata in ospedale
Nonostante le pallottole sparse in tutto il corpo, Prisco all'arrivo dei militari era ancora lucido e in grado di parlare. A loro avrebbe detto che, chi gli ha sparato, quella notte «mi stava cercando», forse proprio per regolare i conti in sospeso, mentre alle persone accorse sul posto per soccorrerlo avrebbe urlato: «Aiutatemi, sto morendo». Qualche ora dopo, Prisco, ricoverato all'ospedale Annunziata di Cosenza, è andato in coma farmacologico e non si è più ripreso. A quasi un mese dall'agguato, questa mattina i carabinieri hanno eseguito le tre misure di custodia cautelare in carcere. Tra i legali del pool difensivo, c'è anche l'avvocato Giuseppe Pizzimenti, del foro di Paola.