Cinquantuno le persone coinvolte nell'operazione antidroga della Guardia di finanza. Tra i nomi emersi, Piscitelli, ex capo ultras della Lazio, ucciso nell'agosto scorso. L'organizzazione criminale, che aveva costante e immediata disponibilità di denaro, si riforniva dal Sud America e dal Nord Africa
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Quattrocento militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Roma, con il supporto di elicotteri e unità cinofile, stanno eseguendo – nel Lazio, in Calabria e in Sicilia – un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del locale Tribunale, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, nei confronti di 51 persone (50 in carcere e 1 ai domiciliari), appartenenti a un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, in grado di rifornire gran parte delle piazze di spaccio dei quartieri della Capitale, che aveva costituito una “batteria di picchiatori” composta da soggetti appositamente incaricati dell’esecuzione di attività estorsive per il recupero dei crediti maturati, mediante l’impiego della violenza. I dettagli delle indagini vengono forniti nel corso di una conferenza stampa organizzata presso il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, sito in Roma, alla presenza del procuratore della Repubblica Michele Prestipino Giarritta, e del comandante regionale Lazio, Michele Carbone.
Il ruolo dell’ex capo ultra della Lazio
Secondo quanto emerso nelle indagini, Fabrizio Piscitelli, ex capo ultras della Lazio e il broker Fabrizio Fabietti, erano a capo dell'associazione criminale dedita allo spaccio di cocaina e hashish. Piscitelli era figura di riferimento nel “controllo” del territorio, nonché di garanzia e affidabilità dell’associazione, che si avvantaggiava della sua leadership. L’uomo, assassinato nell'agosto scorso con un colpo di pistola, «godeva, infatti, di un particolare riconoscimento nella malavita» e operava avvalendosi di soggetti, alcuni dei quali coinvolti anche in questa associazione per delinquere. Tra questi ci sono anche gli ultras della Lazio Ettore Abramo, conosciuto come “Pluto”, 53 anni; Aniello Marotta, 43 anni; e Alessandro Telich, 32 anni.
Il broker Fabietti e i legami con i clan
Fabietti, secondo la Dda e gli investigatori della Finanza, si colloca sulla scena criminale quale importante broker del narcotraffico capitolino, dotato di qualificate relazioni sia sul fronte degli approvvigionamenti di droga, risultando in affari con soggetti contigui a organizzazioni di matrice mafiosa (cosca di ‘ndrangheta Bellocco), quali i fratelli Emanuele e Leopoldo Cosentino, entrambi destinatari del provvedimento cautelare, sia rispetto a un nutrito “portafoglio clienti”. Questi ultimi rappresentano gli acquirenti all’ingrosso che, a loro volta, sono i referenti/responsabili di sotto-gruppi criminali che riforniscono le diverse “piazze” di spaccio di quartiere, esercitando il business della droga sull’intero territorio della Capitale (con basi a Nord nel quartiere Bufalotta, a Est nei quartieri San Basilio, Colli Aniene, Tor Bella Monaca e Borghesiana, a Sud nei quartieri Tuscolano e Romanina, a Ovest nei quartieri Ostia e Primavalle) e nelle zone limitrofe (comuni di Frascati, Ardea e Artena), secondo una vera e propria logica imprenditoriale di divisione dei compiti.
Il controllo del territorio
Parallelamente alle attività illecite strettamente connesse al traffico di droga, le indagini hanno consentito di ricostruire il ruolo di Piscitelli, il quale, comunque coinvolto nella compravendita di stupefacenti, si ergeva a figura di riferimento nel “controllo” del territorio, nonché di garanzia e affidabilità dell’associazione, che si avvantaggiava della sua leadership. Abramo, Marotta e Telich, secondo chi indaga, erano gli uomini di fiducia di 'Diabolik'. Una 'batteria' che agisce in concreto, come dimostrato da due episodi di estorsione attuata con metodi violenti. Il primo ai danni di un vecchio compagno di cella di Fabietti che, reo di non aver onorato un pregresso debito di droga di circa 100mila euro, diviene vittima di una brutale aggressione, prima di cedere alle richieste dei vertici del sodalizio.
Il secondo episodio estorsivo matura, invece, nei confronti di altri due soggetti già noti alle cronache giudiziarie per i loro trascorsi nel settore del narcotraffico. Ancora una volta, dopo le minacce di morte, gli associati riescono a farsi promettere la dazione di 90mila euro. L’operatività del sodalizio è garantita e supportata anche dal ricorso a propri sistemi di comunicazione all’avanguardia, quali sono quelli forniti da Telich, già arrestato nell’ottobre del 2013 per aver favorito la breve latitanza di Piscitelli. Telich, alias “Tavoletta”, è un tecnico informatico, titolare di una società con sede a Dubai operante nel settore del controspionaggio industriale e delle telecomunicazioni, che esegue bonifiche sulle autovetture e nelle abitazioni degli associati, fornisce sistemi di comunicazione criptati che convogliano i dati presso server ubicati negli Emirati, così da rendere il sistema ancora più impenetrabile agli investigatori.
Subito e cash
La costante e immediata disponibilità di rilevanti somme di denaro ha permesso all’organizzazione criminale di ottenere condizioni economiche favorevoli nel corso delle trattative promosse con i fornitori dello stupefacente. Potendo pagare con la formula “subito e cash”, il prezzo ottenuto è sempre vantaggioso e il “giro” si allarga a dismisura, anche perché il sodalizio garantisce poi la consegna “a domicilio” da parte di Fabrizio Borghi e Daniela Viorica Gerdan. Accanto ai promotori del sodalizio, si affianca una schiera di acquirenti “all’ingrosso” che, in ragione dello stabile rapporto di fornitura che li lega, sono considerati ugualmente associati all’organizzazione, garantendole costanti disponibilità economiche, fondamentali per la sua esistenza e operatività. Tra questi spiccano i fratelli Nicolas ed Emiliano Pasimovich, originari del Sudamerica ma residenti sul litorale pontino. I due sono tra i più affidabili acquirenti selezionati da Fabietti, cui si aggiungono Adnan Ibrakovic, Stefano Piccioni, Paolo Salvemini, Stefano Coniglio, Adamo Castelli, Angelo Bartocci, Giuliano Cappoli, Abramo Di Guglielmo e Sabatino Di Guglielmo – questi ultimi due ritenuti dagli investigatori contigui al clan dei Casamonica – e poi Roberto Montanaro e Marco Tripodi. Nonostante l’elevato numero degli associati (trentadue), l’organizzazione criminale era comunque aperta alle nuove occasioni di profitto generate dai soggetti che ruotano attorno ad essa. Questi ultimi, che siano fornitori occasionali (come i fratelli Cosentino o Maurizio Cannone), acquirenti saltuari come Gianluca Almaviva, Marco De Vincentiis, Fabio De Tommasi, Ruben Alicandri, Danilo Perni ovvero, ancora, corrieri e factotum arruolabili all’occorrenza come Umberto Scarpellini, Marco Adamo e Luigi Centi, riconoscono il sodalizio e ne individuano un’opportunità di investimento.
La compravendita di droga
Nell’ambito delle indagini, svolte nel periodo febbraio-novembre 2018, è stata ricostruita la compravendita di circa 250 chili di cocaina e 4.250 chili di hashish, per un valore complessivo stimato “al dettaglio” di circa 120 milioni di euro. L’attività repressiva nel contempo condotta ha consentito di evitare che parte dello stupefacente (oltre kg. 60 di cocaina e circa kg. 3.800 di hashish) venisse immessa sul mercato. In occasione dei sequestri operati sono state tratte in arresto, in flagranza di reato, 18 persone tra corrieri e fiancheggiatori. L’associazione poteva contare su un flusso costante di droga proveniente dal Sud America (cocaina da Colombia e Brasile) e dal Nord Africa (hashish dal Marocco), garantito dai fornitori abituali, quali Dorian Petoku, Francesco Maria Curis e Alessandro Savioli, tutti destinatari della misura cautelare.