«Nella foto numero 11 riconosco Anello Rocco, di cui ho parlato quale capolocale di Filadelfia. Nella foto numero 12 riconosco De Nisi Francesco, di cui ho parlato quale politico che ha chiesto l’appoggio degli Anello in occasione delle elezioni comunali e provinciali».

È il 28 settembre 2018, Milano, uffici della Guardia di finanza. Il pm antimafia di Catanzaro Antonio De Bernardo, affiancato da due sottufficiali del Gico di Catanzaro, interroga il collaboratore di giustizia Giovanni Angotti.

Lo chiamavano “u Ciullo”, ex affiliato del locale ’ndranghetista di Soverato, già responsabile mafioso della zona di Montauro, poi un burrascoso matrimonio lo condusse a Filadelfia, nel Vibonese, tra i ranghi del clan Anello, fino alla separazione.

Quando ritornò a Soverato, al culmine di una discussione, attentò alla vita di Vittorio Sia, il boss che lo aveva iniziato al crimine, sparandogli diversi colpi. Sia cadrà in un agguato il 22 aprile 2010. “U Ciullo”, arrestato, processato e condannato per il tentativo d’omicidio del suo padrino, diede avvio alla sua collaborazione con la giustizia.

La fonoregistrazione dell’interrogatorio, restituisce l’immagine di un ex mafioso tutt’altro che erudito: terza media, nullatenente, sconta la pena per una estorsione, per tutti gli altri reati, beneficiando anche dello sconto assicuratogli dal suo status di collaboratore, ha già saldato il conto con la giustizia.

Racconta la sua storia, al pm De Bernardo, ed il suo rapporto con gli Anello, iniziato nel 1991. Racconta che per primo conobbe Tommaso, che faceva le veci del fratello Rocco quando questi era in gattabuia. Racconta dei legami con le altre cosche, di affari e di traffici, e parla di politica.

Dice il vero? Il suo è un racconto riscontrabile? La figura più in vista che chiama in causa - nel corso di questo verbale acquisito agli atti dell’inchiesta Imponimento che ha disarticolato il clan Anello e alcuni dei suoi principali referenti nel mondo della politica, dell’imprenditoria e delle professioni - è Francesco De Nisi, ex presidente della Provincia di Vibo Valentia.

In seguito alla pubblicazione di alcuni stralci di questo interrogatorio sugli organi di stampa, lo stesso De Nisi (che finora non è stato raggiunto da alcuna informazione di garanzia) aveva perentoriamente smentito di aver chiesto o ottenuto l’appoggio degli Anello nelle competizioni elettorali e di aver mai conosciuto personalmente Giovanni Angotti.

Aggiungeva, De Nisi, che Angotti nel 2008 (anno in cui De Nisi fu eletto presidente della Provincia) fu allontanato da Filadelfia dopo una vicenda di maltrattamenti domestici ed una estorsione consumata in danno del suocero, in seguito alla quale l’amministrazione comunale dello stesso De Nisi (sindaco dal 2001 al 2011) avrebbe manifestato particolare vicinanza alla famiglia dell’attuale collaboratore di giustizia.

Quella che vi proponiamo oggi è una parte della fonoregistrazione di quell’interrogatorio, nel quale Angotti spiega di aver conosciuto l’ex presidente della Provincia di Vibo anche perché le loro abitazioni sorgevano a poche centinaia di metri l’una dall’altra. Angotti tira in ballo anche un presunto candidato consigliere di Filadelfia appoggiato dagli Anello, «Carchedi Marcello», che in sede di redazione del verbale correggerà in «Carchedi Vincenzo».

Parla di soldi che venivano consegnati per raccogliere voti. Soldi che riceveva Tommaso Anello dai candidati in cerca del sostegno della cosca. Poi venivano redistribuiti tra gli affiliati che con le buone (pagando, soprattutto i meno abbienti) o le cattive (arrivando a picchiare, bruciare auto o gambizzare) dovevano assicurarsi che i voti assicurati sarebbero poi venuti fuori alle urne.

Un’invenzione quella di Angotti? Ripetiamo, De Nisi ha smentito ed ha chiesto di essere sentito dagli inquirenti. Non gli è stato comunicato, attraverso un avviso di garanzia, il suo coinvolgimento nell’indagine Imponimento che entro la fine dell’anno dovrebbe registrare la sua chiusura.