VIDEO | Investigatori al lavoro per ricostruire dinamica e motivazioni dell'uccisione di Giuseppe Cotroneo e Francesca Musolino. I coniugi sono considerati estranei ad ambienti criminali. Dolore e incredulità nella comunità di Calanna
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Milanesi è un fazzoletto di terra che osserva, dall’alto, la vallata del Gallico. Una strada stretta e tortuosa del comune di Calanna attraversa l’intero territorio fatto soprattutto di uliveti. È qui che nella mattinata di ieri sono stati uccisi Giuseppe Cotroneo e la moglie, Francesca Musolino. Qui dove la quiete sembra ancora regnare sovrana, il silenzio si squarcia dinnanzi ai colpi di fucile che mettono fine alla vita di due persone che tutti conoscono come tranquille e fuori da contesti pericolosi.
È proprio questo il vero nodo per comprendere quanto accaduto ieri mattina. I coniugi Cotroneo sono ritenuti avulsi da qualsivoglia contesto mafioso, in un territorio che, già in passato, non aveva risparmiato episodi di sangue. Eppure, fra la gente di Calanna c’è la ferma convinzione che il movente debba essere cercato altrove. «La ‘Ndrangheta non c’entra» è la frase che si sente ripetere più spesso.
La ricostruzione del delitto
Intanto i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria sono al lavoro dalla mattinata di ieri per ricostruire i dettagli della dinamica dei fatti. Quel che è certo è che Giuseppe Cotroneo e la moglie Francesca Musolino stavano lavorando nel loro terreno, intenti nella raccolta delle olive. Qui, il killer è sbucato alle prime ore del mattino ed ha fatto fuoco con un fucile, uccidendo prima l’uno e poi l’altra. Il fragore dei colpi ha attirato l’attenzione del figlio della coppia, un giovane di 28 anni, che stava caricando delle olive poco distante. Il giovane è subito corso verso il luogo nel quale si trovavano i genitori, ma non il killer aveva già fatto perdere le proprie tracce. La chiamata disperata ai soccorsi e poi il dramma di una morte sopraggiunta poco dopo.
Le indagini
Toccherà ora ai militari provare a comprendere cosa sia veramente accaduto nella frazione Milanesi di Calanna. Saranno i carabinieri a dover innanzitutto cercare delle tracce utili a ricostruire il percorso dell’assassino e stabilire da dove sia sbucato. Di certo, differentemente da quanto accade in città, non ci potrà essere l’ausilio degli impianti di videosorveglianza che evidentemente in campagna sono assai meno diffusi. Bisognerà quindi fare affidamento sulle tradizionali tecniche d’indagine, sperando che dai sopralluoghi e dalle dichiarazioni delle persone vicine alle vittime possano emergere dettagli utili ad indirizzare le indagini. L’attenzione degli investigatori è al momento a 360 gradi, proprio per la condotta tranquilla dei due coniugi, impiegati al Policlinico di Reggio Calabria. Si scava nella loro vita privata per provare ad accertare possibili contrasti, dissapori e frizioni con qualcuno. Una traccia che possa permettere di identificare la persona che ha imbracciato il fucile ed ha sparato.
Il dolore del sindaco
Calanna, come detto, è una piccola comunità particolarmente scossa da quanto avvenuto. È il primo cittadino Domenico Romeo a raccontare tutto il dolore di un comune poco avvezzo ai fatti di cronaca e lontano dai riflettori: «Sono costernato», continua a ripetere il sindaco che non sa darsi pace. Qui tutti conoscono tutti. Calanna è come una famiglia allargata nella quale il dolore di un nucleo familiare si riflette su tutti gli altri. Si emoziona, Domenico Romeo, quando ripensa ai giorni in cui Calanna dovette fare i conti con la cronaca e gli omicidi. Era parecchio tempo fa e lui era già primo cittadino. La notizia di ieri gli ha riportato alla mente quanto avvenuto come un flashback impietoso. Trattiene a stento le lacrime, il sindaco. Sa che dovrà guidare una comunità ferita e che chiede giustizia. Perché ora tutta l’attenzione è rivolta a scoprire chi e perché ha voluto uccidere due persone dalla vita irreprensibile.