Il delitto avvenuto nel 2009 è stata addebitato a Mario Iozzo, a Giuseppe Gregorio Iozzo e a Luciano Iozzo. Giulio Cortese sarebbe stato colpevole di aver fatto arrestare alcuni componenti della famiglia
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Con l'operazione messa a segno oggi dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro viene fatta piena luce anche sul duplice omicidio di Giulio Cortese e Inna Abramova Inna avvenuto il 27 aprile del 2009 a Chiaravalle Centrale nelle vicinanze della scuola materna in località “Foresta”. Alcuni colpi d'arma da fuoco venivano esplosi contro la Fiat Brava a bordo della quale vi erano Giulio Cortese e la convivente. L'omicidio viene oggi attribuito a Mario lozzo, a Giuseppe Gregorio Iozzo nonchè a Luciano lozzo.
Il duplice omicidio
«Già fin dall'inizio - annotano gli inquirenti -, infatti, il duplice omicidio era stato ricondotto nell’ambito della contrapposizione dei gruppi criminali riconducibili alla famiglia lozzo ed a quella degli Allegrotti, con cui Giulio Cortese era alleato, da come emerge dalle conversazioni ambientali captate dopo l’episodio del tentato omicidio di Allegrotti ed a cui erano seguiti numerosi episodi di danneggiamento in danno di soggetti vicini alla famiglia Iozzo. La vittima era infatti solita accompagnarsi con persone gravitanti nel sodalizio criminale “Chiefari", di Torre di Ruggiero, la cui figura di riferimento risulta essere Antonio, nonché i fratelli Allegrotti».
Le conversazioni
La circostanza secondo gli inquirenti sarebbe confermata non solo dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia ma anche da una conversazione captata tra Giuseppe Iozzo e il nipote nel quale il primo commentava l'atteggiamento del fratello Mario, reo di dare troppa confidenza a soggetti definiti “pagliacci” affermando che in passato vi era stata un’analoga situazione in cui avevano dato troppo credito ad una persona (Giulio Cortese) che poi era stata eliminata, «poiché responsabile di aver fatto trascorrere - agli Iozzo - quindici giorni di carcere».
Nell'intercettazione Giuseppe Iozzo afferma: «Ah Raffaele deve venire a dirle lui a me queste cose? Io penso di no. Poi, se voi vi regolate che siamo arrivati a tanto avrei fatto in un'altra maniera. Eh gli diamo la confidenza a questi pagliacci. Noi ne abbiamo avuto che ce lo siamo coricato, ci ha fatto prendere 15 giorni di carcere e ancora tuo padre non se n'è curato. Hai capito? Eh, ma davvero scherziamo!».
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