Tutti i particolari della deliberazione con la quale la Corte dei conti obbliga il Consiglio comunale di Palazzo dei Bruzi ad adottare la delibera che decreta il default. Provvedimento sospeso fino all'esito dell'impugnazione già preannunciata dal sindaco. Trenta giorni per depositare il ricorso
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Poche ore di camera di consiglio sono state sufficienti alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, presieduta da Vincenzo Lo Presti e composta anche dai magistrati Francesco Antonio Musolino e Stefania Anna Dorigo, per emettere una deliberazione di 142 pagine con la quale l'organo di verifica contabile ha accertato la sussistenza delle condizioni per imporre all'amministrazione comunale di Cosenza l'adozione della delibera di dissesto. Nella sostanza la sezione, ha confermato le medesime conclusioni già manifestate nella precedente deliberazione, con la quale aveva ipotizzato il grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal Piano di Riequilibrio.
Controdeduzioni poco convincenti
Le argomentazioni contenute nelle controdeduzioni trasmesse il primo luglio scorso dal settore finanziario di Palazzo dei Bruzi ed esposte dal sindaco Mario Occhiuto nel corso della camera di consiglio del pomeriggio di ieri, 17 luglio, non hanno smosso di un millimetro le perplessità già espresse dai giudici. «Non si intravedono - scrivono tra l'altro il dispositivo - a distanza di quattro anni dall'approvazione del Piano di Riequilibrio finanziario, quali elementi ed eventi positivi potrebbero invertire il trend attuale. Appare di estrema evidenza che il Comune di Cosenza non è stato in grado di assumere idonee misure per garantire l'aumento delle riscossioni e lo smaltimento della spesa decorsi sei anni dal percorso di risanamento, e che, in assenza di eventi eccezionali - allo stato neppure prospettati - non potrà, nei restanti tre anni, recuperare il disavanzo pregresso non ripianato nonché l'ingente deficit formatosi durante la vigenza del piano».
Entrate scarse ed anticipazioni ingenti
La Corte dei Conti poi «osserva come emerga chiaramente una limitata capacità di riscossione dell'Ente, con conseguente rischio della perdita di entrate per prescrizione, ed una continua necessità di richiedere al Tesoriere, per far fronte ai pagamenti, anticipazioni di liquidità che hanno un costo pari agli interessi corrisposti sulle somme anticipate». C'è poi da considerare, si legge ancora nel dispositivo, «la sussistenza di ingenti debiti pregressi, smaltiti solo in parte con le anticipazioni di liquidità in più tranches ricevute da Cassa Depositi e Prestiti, il cui saldo, evidentemente, comporta ulteriori aggravi per l'Ente per interessi e spese legali».
Previsioni inattendibili
Tutto questo nonostante Occhiuto abbia sottolineato nella sua relazione, la crescita delle entrate tributarie rispetto al passato, prospettando per il 2020 ed il 2021, anche proventi extra per complessivi venti milioni di euro, derivanti dalla rielaborazione del piano finanziario Tari, dalla maggiorazione delle aliquote Imu/Tasi, dal recupero dell'evasione, da alienazioni e sanzioni per infrazioni al codice della strada. I giudici hanno evidentemente ritenuto inattendibili tali previsioni, contestando, di contro, il mancato accantonamento di somme da destinare al pagamento dei diciannove milioni di euro reclamati dalla Sorical per la fornitura idropotabile. «L'Ente non ha fronteggiato tali richieste con alcun mezzo cautelare - si legge nella delibera - e di ciò ha chiaramente e indebitamente beneficiato il risultato di amministrazione dichiarato. Questi comportamenti hanno inoltre contribuito a far fittiziamente figurare rispettati il ritmo di rientro del disavanzo da riaccertamento straordinario e i vincoli di finanza pubblica».
Cassa semivuota e pignorata
Ci sono poi altri rilievi, come la sottostima del fondo crediti di dubbia esigilità «a fine 2015 appostato in bilancio - scrivono i magistrati - per un valore di circa venti milioni inferiore rispetto a quello congruo, e del fondo perdite, che non tiene conto della grave situazione finanziaria della società Amaco». Secondo i giudici, una delle spie di allarme che rende palese la crisi strutturale dei conti comunali, è la consistenza del fondo cassa: «A fine 2018 è esilissimo, pari a 459.705,55 euro, ed è integralmente pignorato». L'efficacia del provvedimento rimarrà sospesa fino all'esito dell'impugnazione davanti alle Sezioni Riunite, già preannunciata dal sindaco Mario Occhiuto. Il ricorso dovrà essere depositato entro trenta giorni.