Costretto a un isolamento integrale che sta mettendo a dura prova il suo equilibrio mentale. In altre parole, murato vivo. È la sorte che starebbe toccando a un detenuto della casa circondariale di Paola, dove si trova rinchiuso dallo scorso 19 ottobre. A denunciare il fatto è il suo avvocato Francesco Liserre, che già due volte si è rivolto al tribunale affinché riesca a cambiare il corso di un destino che appare seriamente compromesso. «Se il grado di civiltà di un paese, come scriveva Voltaire, si misura osservando le sue carceri - afferma il legale -, allora la nostra civiltà è drammaticamente e irrimediabilmente compromessa».

La vicenda

Per capire come si è arrivati a questa situazione, è necessario fare un passo indietro e raccontare i fatti da principio. Il protagonista è un uomo di Diamante, indagato del reato di maltrattamenti in famiglia. Le manette per lui sono scattate quando ha violato la disposizione del divieto di avvicinamento alla ex convivente, stazionando sotto casa della donna. «Provvedimento cautelare - tiene a precisare l'avvocato -, formalmente ineccepibile». Anche se per tutelare i diritti del suo assistito, ha immediatamente proposto appello alla Sezione Riesame del Tribunale di Catanzaro, la cui udienza di discussione è fissata per il prossimo 10 dicembre.

La legge del carcere

Fin qui tutto regolare. I problemi, per l'uomo, sono cominciati quando ha varcato la soglia del carcere paolano. Perché se la legge italiana fa acqua da tutte le parti, quella carceraria non perdona. Benché l’uomo sia imputato in un processo non ancora iniziato in primo grado e, pertanto, innocente fino a prova contraria, si ritrova, di fatto, da più di un mese, in totale isolamento diurno e notturno, al solo fine di sottrarlo alla furia degli altri detenuti, che mal digeriscono gli "infami", ossia, chi si macchia di atti di violenza di ogni genere nei confronti di donne e bambini. «È una condizione allucinante e disumana - , dice ancora Liserre -, con tutte le prevedibili e nefaste conseguenze psicologiche, contraria a quella finalità rieducativa, costituzionalmente garantita, che vieta trattamenti inumani e afflittivi della pena che annichiliscano e degradino la dignità di qualsiasi essere umano».
Un trattamento, sottolinea il legale, che non sarebbe riservato neanche ai criminali più più spietati. «Per gli ergastolani - continua Liserre - sono previste forme detentive di eccezionale rigore che prevedono al massimo l’isolamento diurno e spazi più ampi di quelli riconosciuti al mio assistito».

 

«Sono circa 40 giorni -dice affranto Liserre - che il mio assistito è letteralmente sigillato (testuale terminologia utilizzata dai costernati agenti di Polizia Penitenziaria del carcere di Paola - uomini di grande professionalità e sensibilità ma impotenti dinanzi a questo scempio), ad eccezione dei colloqui con il sottoscritto difensore, per timore delle sicure conseguenze alla propria incolumità».

 

Pertanto, dopo aver denunciato l'allarmante situazione, per iscritto, e in più occasioni al Personale della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Paola, presenterà un dettagliato esposto al ministro della Giustizia, al Dap, nonché a tutti gli altri organi istituzionali competenti. «Indipendentemente dalla commissione e dal definitivo accertamento anche del più efferato delitto», la dignità di qualunque cittadino non dove «mai essere sacrificata sull’altare di becere logiche, giustizialiste e populiste» che troppo spesso condannano un detenuto, ancora prima delle sentenza, a pagare il conto con la giustizia con la propria vita. La vicenda di Stefano Cucchi dovrebbe averci insegnato qualcosa.