Le opere finanziate nel corso degli anni e ora incluse nel Piano d’ambito unitario devono essere passate ai Raggi X una ad una. Partito il rimpallo di responsabilità sul controllo delle convenzioni per verificare possibili violazioni delle norme
Tutti gli articoli di Cronaca
La depurazione in Calabria è un rompicapo che si tramanda, in eredità, di legislatura in legislatura. Come una matassa ingarbugliata su cui molti hanno provato a metter mano, ottenendo però una notevole accumulazione di infrazioni comunitarie nonostante l’enorme mole di denaro pubblico che in questi anni ha oliato il sistema senza produrre alcun risultato tangibile.
La matassa aggrovigliata
Al già elevato coefficiente di difficoltà si aggiunge ora un ulteriore elemento di complessità che rischia di aggrovigliare ancora di più la matassa impattando sui livelli gestionali che hanno in mano – o a cui breve passerà in mano – il completamento delle centinaia e centinaia di interventi per la realizzazione delle reti di collettamento e degli impianti depurativi.
Destino comune
Opere assai eterogenee, figlie delle più svariate programmazioni e linee di finanziamento ma unite da un destino comune: la paralisi. Parcheggiati da anni giacciono negli uffici delle amministrazioni locali interventi per 528 milioni di euro, impegni finanziari assunti dalla Regione per 335 interventi nei comuni o agglomerati urbani, nella quasi totalità dei casi bloccati.
Una eredità pesante
Un guazzabuglio che potrebbe essere in parte dipanato nella fase di transizione in corso, con il passaggio di competenze in capo a Sorical, individuato per i prossimi 30 anni gestore del servizio idrico integrato e nelle cui mano transiteranno anche le centinaia e centinaia di interventi bloccati, ma che sta generando non poche tensioni.
Piano d'ambito
Le opere sono state, infatti, incluse in blocco nel Piano d’ambito, di recente approvazione, ma il rischio – per il gestore – è quello di trovarsi in mano un “pacco” da cui potrebbe uscire fuori di tutto. Le convenzioni per la realizzazione delle opere, sottoscritte dalla Regione con le amministrazioni locali, sono datate, in molti casi scadute e non più rinnovate, gli interventi realizzati solo in parte o, ancora, i fondi utilizzati per interventi inizialmente non previsti o non contemplati.
Scaricabarile
Insomma, i controlli sull’effettivo mantenimento dei requisiti per l’accesso ai finanziamenti da parte delle amministrazioni locali forse non sono stati così scrupolosi nel corso degli anni e adesso la verifica sullo stato dell’arte rischia di trasformarsi in uno scaricabarile.
Violazioni delle norme?
E l’eterogeneità delle programmazioni non facilita il compito, nel calderone ci sono finite opere finanziate con fondi Cipe, Por e risorse regionali, ciascuna con regole e requisiti d’ingaggio assai specifici e diversi tra loro. Chi si assumerà adesso la responsabilità di verificare eventuali casi di violazioni delle norme? Ad esempio, per citarne qualcuno, indebita percezione dei fondi, inerzia, difformità del progetto o superamento dei termini di esecuzione.
Il fortunato
Un problema di non poco conto e che sta scatenando un rimpallo di responsabilità in fase di transizione delle competenze. Chiunque sia il fortunato dovrebbe, infatti, compiere una verifica intervento per intervento, certificare lo stato di avanzamento e la conformità delle opere (se eseguite) alla programmazione ed eventualmente firmare una revoca o una proroga del finanziamento. Il competente settore del dipartimento Territorio e Tutela ambientale non sembra particolarmente entusiasta di farsi carico dell’operazione e il cerino potrebbe così restare in mano a Sorical.