Volto nuovamente glabro, niente occhiali, giubbino verde su una maglia nera. In videocollegamento dal carcere di Marassi, l’ex superlatitante Pasquale Bonavota appare molto diverso dall’uomo con la barba incolta e le lenti da vista catturato dai carabinieri nella cattedrale di San Lorenzo a Genova lo scorso 27 aprile. Attende che il Tribunale sciolga la riserva sulla richiesta di esame, in veste di imputato, avanzata dal suo difensore di fiducia, l’avvocato Tiziana Barillaro, tenendo davanti a sé una cartella portadocumenti. 

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Latitante di fatto dal 2018, caccia estesa in ambito internazionale, il pool di Nicola Gratteri e l’élite dell’Arma hanno monitorato tutte le roccaforti del clan di Sant’Onofrio pur di stanarlo, dal Vibonese, fino al Piemonte, passando per il Lazio e la Liguria «attraverso la contestuale aggressione investigativa dello stretto circuito relazionale del latitante – si legge nell’informativa acquisita al maxiprocesso Rinascita Scott, nel quale Bonavota è imputato – composto sia da famigliari che da soggetti intensamente contigui agli stessi». 

A restituire riscontro sulla posizione apicale l’ex primula della ‘ndrangheta in seno al clan di appartenenza – circostanza invece avversata dalla sua difesa – secondo i militari del Ros sono, tra l’altro, le intercettazioni ambientali captate perfino all’interno della casa della madre del presunto padrino che, si legge nella stessa informativa, sarebbe stata «costante punto di riferimento per le famiglie di detenuti, i sodali santonofresi residenti al Nord…».

Una, in particolare, è ritenuta di rilevante interesse investigativo e risale al 12 marzo 2023, quando la madre di Bonavota riceve la visita di un presunto sodale, già coinvolto in procedimenti penali antimafia per estorsione e traffici di droga. L’uomo, puntualmente identificato dal Ros, pronuncia una frase eloquente per gli inquirenti, affermando: «Rispetto la corona che per me è Pasquale… E se gli devo dare anche la vita, se Pasquale mi vuole…». 

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La “corona”

Analizza il Ros: «Nel rinnovare la propria fedeltà, ne evidenzia infatti l’intensità chiarendo come sia disposto finanche al all’estremo sacrificio per colui che riconosce quale vertice della consorteria locale cui appartiene. Dal punto di vista semantico – è scritto nell’informativa depositata alla Procura antimafia di Catanzaro al maxiprocesso – si evidenzia che l’utilizzo del termine “corona”, con riferimento alla struttura della ‘ndrangheta, richiama la “sacra corona”, termine alternativo per indicare il “capobastone” ovvero “mammasantissima”. I tre termini individuano il vertice della locale, il quale ha potere di vita o di morte su tutti gli affiliati». Il Ros offre riscontro alla sua valutazione semantica richiamando le risultanze acquisite nei processi Minotauro (Torino) e Saggezza (Reggio Calabria): nel primo la «corona» affiora come una «dote altissima di ‘ndrangheta», nel secondo come «una struttura di livello sub-intermedio della ‘ndrangheta» tra le locali e il Crimine. Anche nell’indagine Insubria (Milano) se ne trova traccia, laddove uno degli accusati di associazione mafiosa indicava il capo del gruppo criminale di riferimento come «la corona della testa mia». 

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Catturato pedinando un nipote

Per arrivare, però, alla cattura di Pasquale Bonavota, il Ros ha concentrato le attività di monitoraggio in particolare su un nipote, appena ventenne, con il quale lo zio avrebbe intessuto una «rete di comunicazione dedicata». L’élite investigativa dell’Arma è riuscita a risalire ed intercettare questo canale acceso grazie a due utenze a lungo spente ma riattivate nel pomeriggio del giorno precedente l’arresto del superlatitante. Pedinando il nipote, i carabinieri sono arrivati così fino prima in Piemonte, decifrando un circuito di supporto del presunto padrino alla macchia, imbastito da storici sodali del clan di Sant’Onofrio con il contributo di un pregiudicato gravitante nel Torinese ma proveniente dalle Preserre vibonesi, poi in Liguria, dove già nel 2008 era stato catturato il fratello di Pasquale Bonavota, Domenico, datosi latitante assieme ad un altro sodale.