Il capo bastone della cosca dei Versu di San Luca era detenuto in regime di carcere duro. Si chiude così l’epopea criminale di uno dei boss più temuti e influenti della storia della ‘ndrangheta (ASCOLTA L'AUDIO)
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È morto in un ospedale di Parma Giuseppe Nirta, l’ottantatreenne capo bastone della cosca dei “Versu” di San Luca. Condannato all’ergastolo per la terrificante faida che ha insanguinato il paesino della Locride per oltre 30 anni, Nirta, che era detenuto in regime di carcere duro, era stato ricoverato nei giorni scorsi in seguito ad un problema cardiaco. Si chiude così l’epopea criminale di uno dei boss più temuti e influenti della storia della ‘ndrangheta. Capo indiscusso della cosca, assieme agli alleati Strangio, contese il potere criminale della “mamma” della ‘ndrangheta alle famiglie dei Pelle-Vottari, macchiando le strade di San Luca – e quelle di Duisburg – con il sangue di grappoli di scagnozzi, caduti in una guerra iniziata con un lancio di uova nel 1991 e terminata con i sei morti ammazzati davanti alla pizzeria “Da Bruno” in Germania nell’agosto del 2007. Scampato all’arresto durante il blitz dell’operazione Fehida – fu arrestato due anni dopo – il ruolo di Giuseppe Nirta come pezzo da ‘90 della cosca era emerso già negli anni ’80, quando fu tra i protagonisti del sequestro di Maria La Rizza che gli costò una condanna a 27 anni di reclusione. Arrestato nel 1982 proprio per quell’ennesima pagina nera dell’epoca dei sequestri di persona, finì di scontare la pena nel gennaio del 2004, proprio quando la faida di San Luca stava per raggiungere il punto di non ritorno.
La strage di Natale
Fu davanti alla casa di Giuseppe Nirta, in pieno centro a San Luca, che un commando di fuoco si presentò nel pomeriggio di Natale del 2006. Vero obbiettivo del blitz doveva essere Giovanni Luca, rampollo in ascesa del boss, ma i killer, sparando all’impazzata, finirono per colpire a morte Maria Strangio, che del giovane capo bastone era la moglie. Un raid compiuto in pieno giorno e che lasciò ferite altre tre persone tra cui un bambino di soli 4 anni. Un blitz spietato che era figlio diretto dell’agguato che i Nirta avevano compiuto, nel luglio precedente, nei confronti di Francesco Pelle aka “Ciccio Pakistan”, ridotto su una sedia a rotelle da un cecchino che gli sparò mentre teneva il figlio neonato in braccio. Ed è proprio la strage di Natale, diranno le condanne ormai definitive del processo Fehida, che a sua volta, innescherà la miccia esplosa nella mattanza di Duisburg. Sarà infatti Giovanni Strangio, fratello della vittima caduta a Natale e membro “pesante” della famiglia confederata con i Nirta, a guidare il commando che nel giorno di ferragosto dell’anno successivo, porterà la faida di San Luca a duemila chilometri dall’Aspromonte. Quel giorno, sotto i colpi di un commando di fuoco armato fino ai denti, cadono Tommaso Venturi, Francesco e Mario Pergola, Marco Marmo, Sebastiano Strangio e il sedicenne Francesco Giorgi.
L’arresto
Latitante per due anni, Giuseppe Nirta fu scovato dai carabinieri nel maggio del 2008 mentre si nascondeva, come tutti i boss prima di lui, a poche decine di metri dalla sua abitazione. Nascosto a casa di una parente nel centro storico di San Luca – Nirta era stato inserito tra i 100 latitanti più pericolosi d’Italia – quando venne sorpreso dagli investigatori non oppose resistenza complimentandosi con gli agenti. Condannato a fine pena mai, la sua morte chiude una delle pagine più dolorose della storia criminale calabrese.