In questi giorni in cui si aprono spiragli di ottimismo grazie ai vaccini anti Covid-19 in dirittura d’arrivo anche nel nostro Paese, in Gran Bretagna è spuntata fuori una variante del virus Sars-Cov2, motivo per cui il ministro della salute Roberto Speranza ha bloccato i voli per il Regno Unito, portando molti nostri connazionali ad un rientro immediato.

Se da un lato il primo ministro inglese Boris Johnson (che lo scorso aprile venne curato dal Covid-19 dal catanzarese Luigi Camporota) ha manifestato preoccupazione per la maggiore trasmissibilità che sembra avere la variante del virus, dalla Calabria pare arrivare una rassicurazione.

Mentre una persona positiva alla “variante inglese” si è registrata in Italia e due calabresi rientrati da Londra è stato fatto proprio ieri il tampone, due docenti dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, Francesco Ortuso del Dipartimento di scienze della salute e Pietro Hiram Guzzi del Dipartimento di scienze mediche, unitamente ai docenti dell’Università di Bologna Daniele Mercatelli e Federico Manuel Giorgi del dipardimento di farmacia e biotecnologie, hanno pubblicato un recente studio in cui vengono analizzati i potenziali effetti della varante del virus Sars-Cov2.

In particolare, i ricercatori bolognesi si sono occupati della genetica e dell’identificazione della mutazione su base epidemiologica, mentre i calabresi Ortuso e Guzzi, utilizzando un approccio solitamente riservato allo studio dei farmaci, hanno investigato il ruolo dei singoli residui di proteina “Spike” nell’interazione con il suo recettore umano, la proteina “ACE2”.

I due docenti di Catanzaro hanno, nella sostanza, spiegato come la proteina Spike, costituita da una lunga sequenza di 1250 mattoncini elementari, chiamati amminoacidi, che ne determinano la forma e le proprietà, è usata dal virus per infettare le cellule umane legandosi con la proteina ACE2. La mutazione diffusa in Inghilterra, nota tecnicamente con il nome di “N501Y”, consiste nella sostituzione di un solo di questi amminoacidi su 1250 della proteina Spike, usata dal virus come porta di ingresso nelle cellule legandosi al recettore ACE2. Ciò dovrebbe comportare una efficacia degli imminenti vaccini anche nei confronti della variante inglese.

Secondo i professori Guzzi e Ortuso: «I dati in nostro possesso mostravano la presenza di tale variante già da settembre, e il tasso di diffusione è stato sorprendente. La mutazione, esaminata con strumenti computazionali, è localizzata a carico di un amminoacido della proteina Spike che gli studi computazionali hanno indicato come molto rilevante nel legame con ACE2. L’aumento di infettività di N501Y non è ancora provato clinicamente, si osserva però un incremento della sua diffusione, che era circa l’1% dei pazienti inglesi a ottobre, e ora è circa il 10%».

Però, aggiungono, «lascia, moderatamente tranquilli la constatazione che la nuova mutazione non dovrebbe cambiare completamente la conformazione spaziale della proteina e la sua capacità di interagire con il proprio recettore. Tenuto conto di ciò, appare improbabile che la variante possa avere effetti negativi sull’efficacia del vaccino. Resta però cruciale impedire la diffusione di tale variante che potrebbe aggiungersi ad altre modificando in modo più significativo la struttura della proteina virale Spike».