Il Plenum del Csm ha archiviato all'unanimità il caso della magistrata Paola Lucente, presidente della Corte d'Assise di Cosenza. La discussione assembleare, sulla pratica di delibera proposta dalla prima commissione, è durata meno di 15 minuti ma non sono mancati interventi critici sia in un senso che nell'altro.

Il processo Reset e il "nomadismo giudiziario"

Al centro del dibattito la nota della presidente della Corte d'Appello di Catanzaro, Concettina Epifanio, la quale aveva segnalato l'intervento della togata Paola Lucente sull'organizzazione dei maxi processi cosentini, ritenendo che vi fosse la possibilità di celebrare questi procedimenti all'interno del tribunale di Cosenza.

La missiva di Paola Lucente

Il tutto nasce il 12 novembre 2024, quando la presidente Paola Lucente, in una lettera indirizzata non solo alla Corte d’Appello e al Tribunale di Cosenza, ma anche al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e alla Camera Penale di Cosenza, esprimeva il suo parere sul caos venutosi a creare tra la Corte d'Appello di Catanzaro, il tribunale di Cosenza e i penalisti cosentini sul cosiddetto "nomadismo giudiziario", relativamente al trasferimento del processo "Reset", prima a Lamezia Terme e poi, causa inagibilità di questa struttura per l'alluvione di novembre 2024, all'aula bunker di Castrovillari.

Nella lettera, che Cosenza Channel aveva pubblicato, la giudice Paola Lucente aveva espresso condivisione sul fatto di effettuare i lavori di adeguamento dell’aula 1 della Corte d’Assise in vista della celebrazione del processo Reset, ma segnalava al tempo stesso la necessità di dotare anche le aule 9 e 16 di idonee attrezzature, evidenziando come il Tribunale di Cosenza disponesse di spazi adatti a evitare «trasferte dispendiose».

L'iniziativa della presidente Concettina Epifanio

Tuttavia, la presidente della Corte d’Appello di Catanzaro Concettina Epifanio, aveva ritenuto inopportuna l’esternazione pubblica della collega, trasmettendo gli atti al Csm, al ministro della Giustizia, Carlo Nordio e al procuratore generale della Cassazione, Pietro Gaeta. Un carteggio, come dichiarato dal relatore Cilenti, di 89 pagine. La presidente Epifanio aveva inteso sollevare sollevato anche il tema del mancato rispetto delle vie gerarchiche.

Csm, la prima commissione "difende" Paola Lucente

Secondo la prima commissione del Csm, la vicenda riguarda «la dinamica comunicativa di auspicabile coordinamento tra uffici diversi dello stesso distretto», e non sussistono elementi tali da integrare un’incompatibilità ai sensi dell’art. 2, comma 2, del R.D. legislativo 511/1946.

Caso Paola Lucente, la discussione in Plenum

Il vicepresidente del Csm, l'avvocato Fabio Pinelli, in avvio di lavori ha dato facoltà di esporre i fatti al relatore Cilenti, il quale ha detto che i fatti "contestati" dalla presidente Epifano non erano rilevanti. Subito dopo è intervenuto il consigliere Fontana. Quest'ultimo ha segnalato che la presidente della Corte d'Assise di Cosenza ha preso una posizione pubblica e ha espresso preoccupazione per l'iniziativa della presidente della Corte d'Appello di Catanzaro, ritenendo che il principio alla base di tale azione non sia condivisibile.

Sebbene riconosca che l'iniziativa della Lucente possa essere stata inopportuna, Fontana ha inteso considerarla comunque un'opportunità per affrontare uno dei problemi della giustizia. Il consigliere ha aggiunto che non vi è alcun "fumus" nella condotta della Lucente, facendo un parallelo con la presa di posizione di alcuni magistrati di Milano, che si erano opposti al trasferimento del tribunale in una zona industriale, un dibattito che, secondo lui, rientra nel diritto di esprimere opinioni pubbliche.

L'intervento di Maria Vittoria Marchianò

Sul caso ha preso la parola anche la consigliera togata Maria Vittoria Marchianò. La magistrata calabrese, già presidente del tribunale di Crotone, ha chiaramente fatto emergere di conoscere personalmente i protagonisti della vicenda, non mettendo in dubbio le buone intenzioni della collega Lucente. La consigliera Marchianò ha sottolineato, tuttavia, che il problema sollevato è di rilevante importanza e che la presidente della Corte d'Appello aveva comunque il dovere di intervenire e segnalare la situazione.

Il membro del Csm ha aggiunto che le iniziative del foro, pur se fondate e condivisibili, non potevano essere ignorate. A tal fine, ha riconosciuto che la presidente Epifano non avrebbe potuto sottacere di fronte all'iniziativa di un presidente di sezione che non si era interfacciato con il presidente del tribunale. La stessa Marchianò, evidenziando come mancassero gli elementi per giustificare un trasferimento d'ufficio, ha espresso il suo voto favorevole alla delibera.

Mirenda critica la presidente della Corte d'Appello di Catanzaro

A seguire, il commento del consigliere indipendente Andrea Mirenda che si è posto innanzitutto una domanda: "Aveva il dovere di intervenire?" riferendosi alla presidente della Corte d'Appello di Catanzaro. E da giurista ha dato la "sua" risposta, ovvero che l'iniziativa di Concettina Epifanio doveva basarsi su norme precise. Ha ulteriormente rincarato la dose, parlando del principio di "lesa maestà", sostenendo che tale atteggiamento vada sempre ripudiato.

Mirenda, collegandosi alla dinamica dei fatti in oggetto, ha sottolineato che non ci si trova di fronte a una "caserma dei carabinieri", dove vengono rispettati gli ordini gerarchici, e che ogni magistrato ha il diritto di esprimere il proprio pensiero nell'ambito dell’organizzazione degli uffici. Ha concluso evidenziando che la presidente della Corte d'Appello aveva richiesto una "punizione" per la Lucente e, la risposta della prima commissione, è stata confacente all'iniziativa della Epifanio.

In chiusura, il relatore Cilenti, dissentendo in parte da Mirenda, ha ribadito che i dirigenti degli uffici hanno l’obbligo di comunicare ma ha confermato la sua scelta di archiviare la pratica di delibera, sbilanciandosi anche sull'assenza di profili disciplinari della vicenda stessa.