VIDEO | Nessun colpevole per la morte della ventiduenne di Rose, un caso avvenuto a gennaio del 2005 e rimasto nel limbo per diciannove anni. L’imputato Maurizio Abate è stato condannato solo per spaccio di droga
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Nessun colpevole per l’omicidio di Lisa Gabriele, la ventiduenne di Rose, in provincia di Cosenza, trovata morta il 7 gennaio del 2005 in circostanze più che oscure. Diciannove anni dopo, l’uomo accusato di essere il suo carnefice, l’ex poliziotto della Stradale di Cosenza, Maurizio Abate, è stato assolto al termine di un processo che invece di far luce su quel mistero lo ha reso ancora più impenetrabile. Per lui la Procura aveva chiesto la condanna a 14 anni di carcere. A difenderlo in aula, c'erano gli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello.
La decisione | Lisa Gabriele, l’ex poliziotto arrestato resta in carcere ma non per l’omicidio della giovane
All’epoca la ragazza viene trovata morta in una radura nei pressi di Montalto Uffugo. Scatole di farmaci di fianco al corpo e una lettera scritta di suo pugno fanno pensare a un suicidio, ma dall’autopsia emerge un’altra verità: Lisa è stata uccisa, asfissiata in modo meccanico dopo aver ingerito una quantità monstre di narcotici. Le successive indagini non portano a nulla di concreto, tant’è che nel 2009 il caso viene archiviato. Sarà riaperto nel 2018 su impulso di una lettera anonima che indica in Abate l’assassino della giovane. I nuovi investigatori riescono ad azzardare un movente, scrutando tra le pieghe del loro rapporto sentimentale. Lui voleva lasciarla, lei no. E per liberarsene, ipotizzano che sia arrivato a ucciderla inscenando il suicidio.
Un teorema che non regge già dalle fasi iniziali dell’inchiesta, quando all’arresto di Abate fa seguito la sua scarcerazione per mancanza di indizi. Su di lui, rilevano giudici del Riesame, solo una ridda di sospetti, generati da testimonianze di ex suoi colleghi nonché di amici e familiari della vittima che descrivono la personalità di un uomo collerico, aduso alla violenza e al consumo di stupefacenti. Non a caso, tra le accuse suppletive, le uniche per cui è stato condannato a cinque anni di reclusione, c’era quella relativa allo spaccio di stupefacenti.
Sullo sfondo restano invece i timori che Lisa avrebbe manifestato nei suoi ultimi giorni di vita. Secondo alcuni, era finita in un brutto giro di droga e festini a luci rosse da cui voleva uscire, senza però sapere come. E poi i sospetti sui depistaggi che potrebbero aver ostacolato le indagini. L’ombra della massoneria deviata e le perizie difensive che rappresentano una realtà diversa da quella dell’omicidio, sono le ultime suggestioni che danno consistenza al mistero. Ma che allontanano ancora di più dalla verità. Il risultato è che diciannove anni dopo, Lisa Gabriele è la bella addormentata, forse assassinata, nel bosco di Montalto. Nessun principe la risveglierà mai con un bacio. Né sarà fatta giustizia per lei. La sua è una favola nera che non ammette lieto fine.