«La storia del passato/ ormai ce l'ha insegnato /che un popolo affamato/ fa la rivoluzion». Una piccola conferma sul rapporto tra pancia vuota e intemperanze arriva da Cosenza, dove gli uffici comunali del Settore Welfare in via degli Stadi nei giorni scorsi sono stati presi letteralmente d'assalto dai cittadini. Il motivo? Speravano di entrare nell'elenco dei beneficiari dei buoni spesa per l'acquisto di cibo e beni di prima necessità. In ballo c'erano poco più di 472.560 euro, stanziati dal Governo col Decreto Ristori Ter, da redistribuire tra la popolazione attraverso voucher il cui valore, a seconda del numero dei componenti dei nuclei familiari, andava da 100 a 500 euro.

Per molti, ma non per tutti

Se ci sono abbastanza soldi, diceva Brecht, quasi tutto finisce bene. Ma i soldi in questo caso non erano affatto abbastanza. Le domande arrivate al Comune tra il 9 e il 12 dicembre, i giorni fissati dall'avviso che regolava la procedura, sommando quelle inviate via email alle istanze consegnate a mano in via degli Stadi, sono state 3221. E altre erano state presentate (e per questo escluse) ancor prima dell'apertura dei termini. Tante, troppe per soddisfare ogni richiedente: con quel budget a spuntarla poteva essere più o meno la metà di loro. E poco importa che in Comune stavolta si fossero sbrigati rispetto ai mesi scorsi – l'iter si è concluso tra Natale e Capodanno - nel valutare le domande per distribuire i buoni al più presto. Per i dipendenti del Welfare quei giorni si sono trasformati in un incubo, raccontato nero su bianco da chi aveva il compito di coordinare le operazioni: l'avvocato Sofia Vetere.

L'assalto alla... dirigenza

Vetere, posizione organizzativa a Palazzo dei Bruzi, nel verbale sottoscritto anche dalla dirigente Matilde Fittante sulle fasi di erogazione dei voucher scrive che queste ultime «sono state fortemente intaccate da disordini, assembramenti, minacce, aggressioni verbali e anche fisiche da parte di una folla irragionevole e rabbiosa». Come nell'assalto al forno di manzoniana memoria, il racconto prosegue con i cittadini «appostati» all'ingresso della sede del Welfare per poi «fare frequentemente irruzione direttamente negli uffici, mettendo spesso e ripetutamente in pericolo l'incolumità e l'integrità di tutte le persone in servizio». «Non esclusa la sottoscritta», precisa la funzionaria. Che conclude aggiungendo che il personale del settore ha dovuto chiedere i rinforzi «per sedare le manifestazioni di violenza e agitazione»: è servita la presenza della polizia municipale, di quella di Stato e dei Carabinieri, «intervenuti di continuo per impedire l'accesso non autorizzato agli uffici».

I soliti furbetti

Alla fine, soltanto 1712 delle 3221 istanze sono entrate nell'elenco dei beneficiari, per una spesa totale di 472.500 euro. Del tesoretto iniziale ne sono rimasti solo 60. Nella stragrande maggioranza dei casi, i capifamiglia ad ottenere i buoni sono cosentini. La misura di solidarietà, però, ha raggiunto anche numerosi nuclei che risiedono in città ma provengono da ogni parte del mondo: dalla Germania al Bangladesh, dall'Est Europa all'Africa centro-settentrionale, con le comunità romene e filippine più rappresentate delle altre. Come sempre in queste occasioni, non sono mancati i furbetti. Sono 427 le istanze presentate due volte nella speranza di raddoppiare i benefici; 133, invece, le dichiarazioni risultate mendaci al momento delle verifiche da parte degli uffici. Nella lista degli esclusi sono finite anche 79 istanze provenienti da cittadini che non risiedono a Cosenza; 95 erano difformi dalle dichiarazioni richieste per ottenere i buoni; 168 non erano complete. All'appello finale mancano altre 607 istanze: il Comune ha ritenuto che non avessero «requisiti caratterizzati da priorità».
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