Convive nel terrore, picchiata, presa a calci e pugni e in una occasione finanche accoltellata dal coniuge. Subisce violenze fisiche e psichiche da oltre un decennio, ha sopportato per il bene del figlio, riferisce al nostro network, ma l’ultimo episodio avvenuto nel maggio scorso ha indotto la donna a chiedere aiuto agli uomini del commissariato di pubblica sicurezza di Corigliano Rossano, prontamente intervenuti.

E dopo avere assunto le prime informazioni, corroborate da testimonianze, i poliziotti sono riusciti a ricostruire un castello accusatorio tale da predisporre una misura cautelare di allontanamento nei confronti dell’uomo. La presunta vittima è catalogata come codice rosso, ma oggi ha paura e denuncia lo stato di isolamento e di solitudine in cui si trova, eccezion fatta per un parroco di fiducia che l’affianca e sostiene: «Dopo l’intervento della polizia prontamente intervenuta è calato il silenzio della magistratura a cui contesto la lentezza ai limiti dell’indifferenza. A distanza di quattro mesi e mezzo non ho avuto un incontro con il giudice. Le querele si accumulano ma nessuno ci ascolta».

La donna denuncia «la latitanza dei servizi sociali: nonostante sia salita in Comune per ben quattro volte, non abbiamo avuto assistenza psicologica da parte di nessuno. Solo in queste ore sono riuscita a parlare con l’assessore ma solo grazie ad amicizie».

Ultracinquantenne, la donna non ha un lavoro e ciò rafforza le sue fragilità poiché è minata la capacità di poter essere autonoma e indipendente economicamente. Lo Stato deve lavorare ancora molto su questo campo: «I centri antiviolenza forniscono una tutela momentanea. Bisognerebbe istituire dei sussidi, anche provvisori, perché i figli non possono convivere con la violenza».