La decisione del Tribunale di Reggio Calabria per l'ex assessore regionale. Due anni a Caserta, Crisalli e Postorino. Assolti Mannino, Vazzana e Bonura
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Tre anni di reclusione e cinque anni d’interdizione dai pubblici uffici. Questa la condanna decisa dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Demetrio Naccari Carlizzi, ex assessore regionale ed ex vice sindaco reggino. La decisione è giunta al termine di una lunghissima camera di consiglio, dopo un processo tortuoso e complesso partito dalle presunte irregolarità compiute nell’iter concorsuale per il posto di dirigente medico agli ospedali “Riuniti” di Reggio Calabria, creato – stando all’ipotesi accusatoria – in modo tale da farlo vincere proprio alla Falcomatà. I giudici hanno ritenuto non sussistente il reato di induzione a dare o promettere utilità, riqualificandolo in abuso d’ufficio. E per tale reato è maturata la prescrizione. I tre anni di reclusione, invece, afferiscono al reato di falso.
La sentenza
Se per Naccari, dunque, è arrivata una condanna a tre anni, a fronte di 4 anni e 6 mesi chiesti dal procuratore aggiunto Gaetano Paci, è giunta invece la prescrizione dal reato di abuso d’ufficio (anche qui riqualificato rispetto all’induzione) per la moglie, Valeria Falcomatà, sorella dell’attuale sindaco di Reggio Calabria, per la quale la Procura aveva avanzato una richiesta a due anni e mezzo di carcere. Assoluzione piena per Domenico Mannino, Paolo Vazzana e Antonino Bonura, mentre rimediano due anni di reclusione Giuseppe Caserta, Giuseppe Crisalli ed Igino Postorino, per i quali la Procura aveva chiesto tre anni di prigione. Da rimarcare come il collegio abbia rigettato le richieste di risarcimento della parte civile.
La vicenda
Tutto nasce dalla denuncia fatta dalla dottoressa Maria Carmela Arcidiaco la quale effettuò anche delle registrazioni di conversazioni fatte con Valeria Falcomatà.
La Procura è convinta che quel concorso fu alterato e che la commissione giudicatrice fosse stata creata allo scopo di orientare i risultati di quella selezione. Proprio sulla storia delle intercettazioni effettuate dalla Arcidiaco ha dato grande battaglia pure la difesa di Naccari Carlizzi. Una perizia, infatti, aveva stabilito come la conversazione chiave, proferita dalla Falcomatà, non dicesse «il posto è mio», ma «il posto è uno». Trascrizione che, però, unita alle testimonianze raccolte nel corso del dibattimento non ha fatto mutare orientamento alla pubblica accusa. Ed è toccato al procuratore aggiunto Gaetano Paci sostenere in aula la requisitoria nel corso della quale il magistrato ha ricostruito nei dettagli tutta la vicenda affermando come le accuse, all’esito dell’istruttoria, siano da ritenersi riscontrate. Ed è per tale ragione che lo stesso pubblico ministero ha invocato la condanna per i protagonisti della vicenda. Questa sera i giudici hanno dato parzialmente ragione alle tesi accusatorie, condannando l’ex assessore regionale e tre coimputati, ma prosciogliendo tanto la moglie, quanto altri tre protagonisti della vicenda.
La difesa, in attesa del deposito delle motivazioni, annuncia già la volontà di ricorrere in Appello.