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La n’drangheta sta investendo nel campo dell’agroalimentare. Ad affermarlo è lo studio della Coldiretti, che di recente ha creato, assieme alle attività investigative di magistratura e forze dell’ordine, un osservatorio ad hoc, come afferma anche il quotidiano della Calabria, con il supporto dell’Eurispes. Il fenomeno si chiama “agromafia” e interessa n’drangheta, mafia e camorra.
Un giro di affari che nel 2014 ha sottratto quasi 15 miliardi all’economia pulita. L’aggressione e lo sfruttamento dell’ambiente avviene in svariate forme: dalla produzione ,alla distribuzione fino ad arrivare alla vendita. Le mafie come afferma l’ex procuratore di Torino e Palermo, Gian Carlo Caselli, agiscono per lo più nei territori d’origine, perché è attraverso il controllo del territorio che si producono ricchezza, consensi e alleanze.
I gruppi criminali della camorra sono stati i primi a capire che dalla terra c’era da trarre un business, le cosche calabresi però non sono state con le mani in mano e hanno presto sentito l’odore dei soldi, buttandosi nell’agroalimentare e diversificando le attività. Dalla ristorazione, alla contraffazione dei prodotti, dal trasporto delle merci all’imposizione della manodopera. È la falsificazione del “made in Italy”, l’attività più redditizia della n’drangheta, vista la sua alta capacità di infiltrazione e di corruzione nella pubblica amministrazione.
Vendere infatti una bottiglia di olio marocchino spacciandolo per olio extra vergine di oliva, con il marchio calabrese, moltiplica le entrate. Come dice il procuratore Caselli, siamo in una fase di scoperta del fenomeno. Serve un’adeguata legislazione, che fornisca strumenti utili di coordinamento delle indagini, in campo internazionale e nel campo delle falsificazioni. Fra le giuste leve da attivare, ancora quella di una semplificazione dell’accesso al credito. Spesso infatti, a spingere un imprenditore verso l’abbraccio letale con una cosca ci sta proprio la difficoltà di ottenere finanziamenti utili a sostenere un momento di crisi o per effettuare investimenti.
di Anna Prete