Morì dopo un intervento a Belvedere, tre medici a giudizio per omicidio colposo

Secondo le accuse, i sanitari della clinica Tricarico, nella qualità di componenti dell'equipe chirurgica che operò il paziente Francesco Ermete Bruni, per negligenza e imperizia ne avrebbero cagionato la morte

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di Francesca  Lagatta
11 luglio 2019
12:15

Tre medici in servizio alla clinica Tricarico di Belvedere Marittimo sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di omicidio colposo. I tre, difesi dall'avvocato Giorgio Cozzolino, dovranno presentarsi in aula il prossimo 10 ottobre innanzi al giudice Filippo Putaturo. La famiglia della presunta vittima, Francesco Ermete Bruni, è invece rappresentata dagli avvocati Marco Amantea, Oscar Musacchio e Franco Locco. Lo ha deciso ieri il il gup Rosamaria Mesiti al temine dell'udienza preliminare che si è tenuta al tribunale di Paola.

Le accuse

Secondo la ricostruzione degli inquirenti contenuta nel decreto di rinvio a giudizio, i tre medici sono imputati perché «in cooperazione colposa tra di loro, nella qualità di componenti dell'equipe chirurgica che sottoponeva ad un intervento per emicolectomia destra (asportazione chirurgica di una parte del colon, ndr), Francesco Ermete Bruni, in data 26 settembre 2016, per negligenza e imperizia ne cagionavano la morte».


In particolare, è scritto ancora nel documento, «nonostante la persona offesa fosse risultata oggetto a rischio elevato di trombosi venosa, per come accertato durante il ricovero presso la Casa di Cura Tricarico avvenuto il 23 settembre 2016» i tre camici bianchi «omettevano di prescrivere ed effettuare la somministrazione in fase pre operatoria, ovvero 8-12 ore prima dell'intervento, per come previsto dalle linee guida, del farmaco antitrombitico avente come principio attivo l'eparina a basso peso molecolare. Nella specifica circostanza, la terapia antitrombotica veniva somministrata solo il giorno successivo all'intervento».

Inoltre, si legge ancora tra le pagine del tribunale, «successivamente, in un quadro clinico di "grave criticità", nonostante il peggioramento delle condizioni del paziente, gli imputati si limitavano a somministrare una soluzione polielettrolitica e ad erogare ossigeno, omettendo ogni controllo clinico e diagnostico finalizzato ad inquadrare la patologia e necessario per porre la diagnosi di infarti polmonari ed embolia polmonare. Il paziente, presumibilmente in conseguenza di ciò, è morto il 4 ottobre del 2016.

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