Reggio Calabria - Avrebbe aiutato l’imprenditore calabrese Amedeo Matacena a fuggire all’estero per sfuggire all’arresto. Questa l’accusa per la quale gli uomini della direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria hanno fermato l’ex ministro dell’interno Claudio Scajola. Il blitz è scattato all’alba in un albergo di Roma in cui alloggiava l’ex parlamentare del Pdl. Otto le misure cautelari disposte dal giudice per le indagini preliminari nei confronti di chi, insieme a Scajola, avrebbe partecipato al progetto che secondo l’accusa mirava a consentire a Matacena di lasciare gli Emirati Arabi per consentirgli di raggiungere un altro paese mediorientale. L’imprenditore ed ex deputato di Forza Italia, latitante dalla scorsa estate, è bloccato negli emirati arabi: arrestato e poi rilasciato, non può essere estradato e gli è stato ritirato il passaporto.

Tra le persone indagate la moglie e la madre di Matacena, la segretaria di Scajola ed altri tre collaboratori dell’ex armatore reggino raggiunto anche egli da un ordine di custodia cautelare in carcere. Le persone finite nel mirino della Dia sono accusate di aver messo a punto un piano per far fuggire da Dubai l’ex armatore e consentirgli di raggiungere un altro paese mediorientale, forse il Libano. Matacena è stato condannato in via definitiva a 5 anni e 4 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Perquisite abitazioni, uffici professionali e aziende in Liguria, nel Lazio, in Piemonte e in Lombardia, in Calabria e in Sicilia. Sequestrate le quote di società operanti all’estero che secondo gli inquirenti sarebbero riconducibili a presunti prestanome di Matacena. Per la procura di Reggio l’ex armatore dopo la condanna e la fuga ha goduto di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale sarebbe riuscito a sottrarsi all’arresto.