Se mi chiedessero di sintetizzare in tre parole quello che vorrei per il 2019, non avrei dubbi: Sobrietà, Stabilità e Speranza. Nell’anno appena trascorso se ne è sentita profondamente la mancanza. Tre parole di cui abbiamo perso le tracce nelle pieghe del rincorrersi degli eventi, del commento a tutti i costi, della precarietà della vita e del lavoro, del futuro incerto e senza prospettive.

La sobrietà è mancata alla politica, sbarcata prepotentemente sui social, impegnata più nella propaganda che nella concretezza, nell’apparire e non nel costruire. E’ mancata in alcuni programmi televisivi, artificiosamente realizzati fuori dalle righe, non per un servizio al pubblico ma per impennare gli ascolti. E’ mancata tra giornalisti e opinionisti, quelli che piegano la verità ai propri interessi personali, che rifuggono l’onestà intellettuale per il proprio tornaconto.

 

La stabilità in Italia l’abbiamo smarrita da tempo. La stabilità dei rapporti affettivi, conflittuali e precari, e la stabilità lavorativa, per molti un’utopia: sempre più famiglie camminano ogni giorno sull’orlo di un baratro, foglie ingiallite aggrappate al ramo che rischiano di cadere al primo soffio di vento.

La speranza è diventata una fiammella tenue, specialmente in Calabria. Senza la fiducia ad alimentarla, rischia di spegnersi. Teniamola accesa, mantenendo stretta la bussola del cambiamento. Cambiamento inteso come innovazione, come rigenerazione della società, determinata a voltare pagina, non solo quella del calendario.