È finita a Sciacca, in Sicilia, la fuga di Raffaele Calamita, evaso approfittando di un permesso premio. Detenuto a Paola, dove sta scontando una condanna a 16 anni per l’omicidio Russo avvenuto a Tropea il 10 settembre 2013, due giorni fa non aveva fatto ritorno in carcere al termine di un permesso premio concesso dal magistrato di sorveglianza di Cosenza.

Era dunque scattata la caccia all’uomo che si è conclusa in provincia di Agrigento, dove il 26enne è stato rintracciato dalla polizia. Quando gli agenti del Commissariato di Sciacca gli sono piombati addosso era in compagnia di una donna, ora denunciata a piede libero per procurata inosservanza della pena. L’evaso, invece, è stato portato nel carcere di Sciacca in attesa di un’eventuale trasferimento. I due si sono consegnati senza opporre resistenza, nominando quale loro difensore l'avvocato Enzo Galeota, già legale di fiducia di Calamita, per il quale aveva proposto l’istanza di revisione del processo.

Il giovane detenuto, infatti, si è infatti sempre dichiarato innocente in relazione all’omicidio di 10 anni fa del 45enne Salvatore Russo, soggetto gravitante negli ambienti della mala tropeana, ucciso con quattro colpi di pistola. Un delitto per il quale Calamita, sulla base della testimonianza di una donna, era stato inizialmente condannato a 24 anni, pena poi ridotta in appello a 16 anni e confermata in Cassazione, perché riconosciute le attenuanti generiche e l’esclusione della premeditazione.

Recentemente un collaboratore di giustizia, originario della provincia di Vibo Valentia, ha confermato la tesi del complotto, affermando che la donna, testimone chiave del processo contro Calamita, sarebbe stata “indotta” a mentire. Così la Corte di Cassazione, valutando i nuovi elementi di prova, ha accolto la richiesta di revisione del processo che si sta svolgendo davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Napoli.