L'Aiga scrive al Consiglio dell'ordine: «Bisogna rendere minimo il rischio Covid nei tribunali salvaguardando il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla giustizia».
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Il presidente dell'Aiga (associazione italiana giovani avvocati), Francesco Giordano, ha trasmesso una nota al consiglio dell'ordine degli avvocati di Castrovillari con la quale esprime «parere contrario alla chiusura sine die di ogni attività giurisdizionale che, come unico effetto, produrrebbe una catastrofe economica per l’avvocatura» nonché il «pregiudizio dei diritti di tanti cittadini».
Giordano argomenta la posizione della giovane avvocatura convinto che «gli uffici giudiziari del circondario possano continuare a svolgere le loro attività giudiziarie ed amministrative, così come gli avvocati la loro attività professionale, cercando di ridurre al minimo il rischio contagio».
Nella nota trasmessa al Coa l'associazione propone di ottimizzare lo svolgimento delle udienze: per il settore Civile, l’utilizzo della modalità “cartolare” (scambio di note scritte tra avvocati) e delle “udienze da remoto” per determinate attività giudiziarie, al fine per evitare la presenza fisica in aula, mentre per il Penale, in cui l’udienza in presenza difficilmente può essere sopperita da quella a distanza, per la tutela dei diritti e garanzia della difesa, «la possibilità di celebrare udienze da remoto almeno per i procedimenti in camera di consiglio».
Una delle questioni poste sul tavolo del confronto dall'Aiga è quella di ridurre i procedimenti da trattare nelle singole udienze imponendo «a tutti i magistrati, la suddivisione del ruolo giornaliero delle udienze in fasce orarie». Il funzionamento delle cancellerie e degli uffici aperti al pubblico è già ben organizzato, gli accessi per gli adempimenti degli avvocati sono disciplinati dal sistema degli appuntamenti e delle prenotazioni. «Mai come in questo momento - aggiunge Giordano - è essenziale, per la Giustizia, sfruttare le potenzialità che offre il telematico». Proposte che vanno nell'ottica di non «paralizzare la giustizia». Il rischio zero non esiste ma «bisogna renderlo minimo, per consentire di salvaguardare il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla giustizia».