«Grazie alla collaborazione del Ris dell’Arma dei Carabinieri, possiamo affermare con ragionevole certezza che il 16 marzo del 1978 in via Fani c’era anche l’esponente della ‘ndrangheta Antonio Nirta».


È quanto dichiarato dal presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, Giuseppe Fioroni.

 

«Il comandante del Ris, Luigi Ripani – aggiunge Fioroni – che ringrazio per la collaborazione, ha inviato in questi giorni l’esito degli accertamenti svolti su una foto di quel giorno, ritrovata nell’archivio del quotidiano romano "Il Messaggero", nella quale compariva, sul muretto di via Fani, una persona molto somigliante al boss Nirta. Comparando quella foto con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del volto mostrano una analogia sufficiente per far dire, in termini tecnici, che c’è assenza di elementi di netta dissomiglianza».


Il presidente della Commissione aggiunge: «E’ corso una analoga perizia sul volto di un altro personaggio legato alla malavita e che comparve tra le foto segnaletiche dei possibili terroristi il giorno dopo il 16 marzo: si tratta di Antonio De Vuono, killer spietato, morto nel 1993 in un carcere italiano. Le informazioni che abbiamo fin qui acquisito – conclude – ci consentono di dire che la relazione di fine anno sulla nostra attività sarà di grande interesse per tutti coloro che chiedono di conoscere la verità del delitto di via Fani».

 

Chi è Antonio Nirta - Nato a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, l’8 luglio del 1946, Antonio Nirta è il nipote del capo clan suo omonimo, morto a 96 anni nel 2015. A tirarlo in ballo per il caso Moro fu inizialmente il pentito della ‘ndrangheta Saverio Morabito, secondo cui Nirta, soprannominato “due nasi” per la sua confidenza con la doppietta, sarebbe stato confidente del generale dei carabinieri Francesco Delfino e uno degli esecutori materiali del sequestro di Aldo Moro.